Il percorso di riforma costituzionale avviato dal Parlamento contiene elementi di criticità che lo rendono incerto.
La scelta di derogare all’art.138, la decisione di procedere a un mandato ampio di riforma invece di intervenire su poche questioni considerate oggetto di modifiche necessarie, il ritardo nella definizione di una nuova legge elettorale e il rimando alla conclusione del percorso di una modifica definitiva, l’evocazione di un cambio della forma di governo in senso semipresidenzialista hanno provocato nell’opinione pubblica incertezza e allarme.
Siamo consapevoli che alcune previsioni iniziali, come la creazione di una convenzione redigente composta anche da personalità esterne al Parlamento, sono state superate, mantenendo così le prerogative del Parlamento, e che la deroga all’art.138 contenuta nel disegno di legge costituzionale in via di approvazione è limitata a poche questioni procedurali. Alcune di queste (la costituzione di un unico comitato composto da rappresentanti delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato così come la previsione del referendum sulle riforme approvate dal Parlamento anche a grande maggioranza) non abbassano i livelli disalvaguardia previsti. Altre destano invece perplessità.
Riteniamo sia stato sbagliato ridurre da novanta a quarantacinque giorni i tempi intercorrenti fra le due deliberazioni di ciascuna Camera, affrettando così quel processo disedimentazione della riflessione sulle riforme alla carta fondamentale voluto dai costituenti.
Non avremmo condiviso la predisposizione di un unico progetto di legge costituzionale comprendente modifiche a diversi titoli della Costituzione. Abbiamo avuto ampie rassicurazioni che questo non avverrà e che non sarà sottratta al Parlamento, e poi ai cittadini chiamati a referendum, la possibilità di esprimersi sui singoli temi. Su questo, come sul resto del percorso, vigileremo con attenzione.
Nel merito delle riforme da attuare, chiediamo sin d’ora che si affrontino unicamente quei temi su cui è condivisa la necessità di una modifica che renda più efficace il funzionamento delle istituzioni: la nuova legge elettorale, la riforma del bicameralismo perfetto, il superamento delle province e l’avvio delle città metropolitane. Sarebbe sbagliato che questa legislatura affrontasse un cambio della forma di governo su cui sarebbe assai difficile, nell’attuale situazione politica incerta e contraddittoria, mettere in campo i contrappesi necessari a non produrre uno squilibrio strutturale del sistema.
Sergio Lo Giudice, Laura Puppato, Donatella Albano, Monica Cirinnà, Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Corradino Mineo, Stefania Pezzopane, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci
Caro Sergio,
non sarebbe stato meglio lasciare la parola al paese con un referendum?
chiediamo in aula un comportamento democratico, responsabile e trasparente per evitare che la legge costituzionale 813-B (che consente la deroga all’articolo 138 della Costituzione), venga approvata con la maggioranza dei due terzi. Tale maggioranza preclude infatti la possibilità di ricorrere al referendum. Sarebbe sufficiente che un limitato numero di senatori (più di 23) non partecipasse alla votazione finale, il 23 ottobre, consentendo così a tutti i cittadini di esprimersi con un referendum su un provvedimento che incide profondamente sul sistema delle garanzie costituzionali e crea un pericoloso precedente per il nostro paese. Allontanando ancora di più la classe politica dai sentimenti di molta parte degli italiani.