Sono stati cinque anni complicati, nati sotto il segno di una vittoria mancata, partiti fra le difficoltà ad eleggere un nuovo Capo dello Stato e la necessità di larghe intese fra centrosinistra e centrodestra.

Sembrava che questo mandato non sarebbe riuscito a decollare, imprigionato fra le esigenze opposte di forze politiche che si erano fronteggiate negli anni del bipolarismo. Sembrava che la stagione di sostegno bipartisan al governo Monti, determinato dalla responsabilità comune di fronte ad una crisi economica eccezionale, non riuscisse più a passare, congelando la politica in un consociativismo senza prospettive e senz’anima.

E invece qualcosa si è mosso. Il Partito Democratico, a cui mancavano i numeri per governare da solo, è riuscito a diventare il motore di un’azione parlamentare e di governo che, se pure espressione di una maggioranza disomogenea, ha dato un’impronta positiva a questa legislatura.

Così si sono ottenuti obiettivi che sembravano irraggiungibili in queste condizioni, come la legge sul testamento biologico. Si è realizzata la più significativa riforma del diritto di famiglia degli ultimi quarant’anni- Si sono messi a punto nuovi strumenti contro la criminalità, dal codice antimafia alla norma sui testimoni di giustizia, dai reati ambientali alla legge contro il caporalato. Si sono varate leggi a favore dei soggetti più fragili: dal “dopo di noi” per i disabili alla legge contro le dimissioni in bianco, fino al contrasto al cyberbullismo e molto altro..

É stata resa più agile la macchina della giustizia, con la riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario, il processo civile telematico, le 1600 nuove assunzioni.

Si sono create le condizioni per uscire dalla crisi e far ripartire l’occupazione.

Certo, l’assenza di un’autonoma maggioranza di centrosinistra in Senato ci ha impedito di realizzare alcuni obiettivi, basti pensare allo ius soli, alla legge contro l’omofobia e a quella sulla trasmissione del cognome della madre ai figli, per citare tre proposte approvate alla Camera e poi bloccate nell’altro ramo dalla legge dei numeri.

Né noi stessi siamo stati esenti da errori che hanno prodotto alcune fratture con pezzi di nostro elettorato, ferite che con pazienza e determinazione dovremo riuscire a sanare.

Da qui, dall’orgoglio dei risultati raggiunti, dall’umiltà di riconoscere i nostri errori e dal coraggio di guardare avanti verso nuovi obiettivi, dobbiamo partire per affrontare una campagna elettorale che non sarà semplice e che rischia di avere come epilogo il ritorno della destra al governo. Sarà un lavoro complicato che faremo assieme con la consueta tenacia.

Intanto, ecco un resoconto sintetico del mio lavoro di questi cinque anni, una restituzione dovuta a chi mi ha voluto in Parlamento, a partire dai/dalle 4800 bolognesi che mi hanno votato alle parlamentarie del dicembre 2012 fino a quanti hanno poi votato PD e seguito la mia attività in questi anni.

Sergio Lo Giudice

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