Questa crisi è stata dipinta dalla stampa come una delle peggiori di sempre e questo è sotto gli occhi di tutti, certo non per responsabilità del Pd. Anche questa volta, come altre nella storia italiana, la sinistra si è trovata di fronte al tentativo di incistamento nelle istituzioni di un progetto illiberale ed era suo dovere lavorare per sventare questo scenario, con buona pace di Carlo Calenda che ne ha approfittato per rompere finalmente col Pd e costruirsi il suo partitino centrista. Auguri.

Adesso si aprono un’opportunità e un rischio. L’opportunità è quella di mettere su un binario diverso la storia del Paese, una storia che è stata dirottata con le armi della demagogia e della paura verso il superamento degli argini dello Stato democratico e liberale.

Lo sdoganamento mediatico della cattiveria, l’abbandono della pregiudiziale antifascista, la legittimazione istituzionale della xenofobia, la forzatura dei limiti della democrazia sono stati l’alimento di quel consenso. Il salvinismo, nella sua rozzezza, si andava consolidando come un pensiero popolare, egemone nel Paese.

In questo scenario il Partito Democratico si è assunto meritoriamente la responsabilità di costruire una via d’uscita. Ma se siamo di fronte all’opportunità storica di bloccare sul nascere lo scivolamento della Repubblica verso una democrazia illiberale, una democratura all’ungherese, anche il rischio è storico. Non è Nicola Zingaretti che rischia di rompersi l’osso del collo, ma il Pd.

Per questo è importante che in queste ore si mettano bene in chiaro le coordinate su cui costruire il programma del nuovo governo in un modo che superi la buffonata dei due programmi paralleli chiamati “contratto di governo” e miri a trovare un efficace denominatore comune fra Pd e i 5 Stelle.

Le firme di Trenta e Toninelli sulla chiusura dei porti alla nave Eleonore dicono dell’urgenza di cancellare i decreti sicurezza, simbolo del salvinismo e veicolo di gravi forzature costituzionali, a partire dall’introduzione di due diversi tipi di cittadinanza, quella revocabile e quella non revocabile.

Il tema dell’equità sociale, assieme alla sfida dell’emergenza ambientale, dovrà essere la bussola del nuovo governo. Evitando però un errore di prospettiva, quello secondo cui negli anni scorsi abbiamo trascurato i diritti sociali perché troppo presi dai diritti civili. Perché se è vero che c’è stata una difficoltà a mettere in campo un’azione che garantisse in modo efficace e riconoscibile una maggiore giustizia sociale non è stato certo per quelle poche ma importantissime conquiste sui diritti civili che siamo riusciti a mettere in rete. E non va escluso che il nuovo scenario possa rivelarsi favorevole ad altri risultati su quel terreno, a partire dalle scadenze indicate dalla Corte costituzionale, prima fra tutte quella del 24 settembre sul fine vita.

Non dimentico il tradimento del 5 Stelle sulle unioni civili, le ambiguità sullo Ius soli o la sconfessione dei suoi parlamentari da parte dello stesso Grillo sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Ma non ci sarà nessun passaggio facile nella prossima esperienza di governo per cui anche questo terreno andrà esplorato senza tentennamenti.

Ora il rischio è dato dal fatto che il Pd è chiamato a mettere in campo concrete politiche di governo, in un’alleanza fra diversi che costringerà a compromessi sui contenuti, in un momento in cui stava ragionando su una ridefinizione della propria identità e del proprio progetto.

Sappiamo bene come per un partito politico, come per ogni essere umano, la precondizione per un’alleanza solida sia la solidità della propria identità. Ma sappiamo che su questo fronte il cantiere dem è ancora aperto.

Durante la scorsa legislatura il profilo identitario del Pd, la sua leggibilità, ha risentito molto dell’alleanza innaturale con il centrodestra dove non era sempre ben chiaro all’esterno quanto le sintesi a cui si arrivava fossero necessari compromessi con gli alleati o un lento riposizionamento più centrista. Questo perché un’elaborazione autonoma era stata di fatto sospesa per un lungo periodo.

Sarà importante quindi che il nuovo scenario rafforzi e non indebolisca l’azione di ricucitura di relazioni con la società secondo il percorso che Zingaretti aveva indicato: l’avvio della Costituente delle idee, la nascita della nuova fondazione culturale, l’attivazione di forum e dipartimenti che potranno rappresentare il lavoro di ricostruzione della casa comune mentre i dem al governo saranno in missione in una terra che potrebbe rivelarsi straniera. E ancor di più, quindi, avranno bisogno di avere le spalle coperte da una forza politica seria.

ARTICOLO PUBBLICATO SU HUFFINGTON POST

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