ITALIA OGGI – Sabato 13 aprile 2013
Il Colle unisce, la Consulta divide
Grillo rifà le Quirinarie e chiede il ritiro dall’Afghanistan

di Franco Adriano

I saggi hanno presentato l’elenco delle proposte di riforma su cui i partiti possono cercare una certa condivisione: una nuova legge elettorale, l’abolizione del bicameralismo perfetto, più soldi per il lavoro, meno ai partiti. Costituirà il lascito del presidente Giorgio Napolitano al suo successore e agli stessi partiti in cerca di una nuova identità.

Nello stesso giorno, però, non sono mancati neanche gli elementi divisivi, in particolare due. Il primo è costituito dalla presentazione della mozione per il ritiro immediato delle truppe italiane dall’Afghanistan da parte del movimento di Beppe Grillo. Ma in particolare, nel giorno dedicato all’esito del lavoro dei dieci saggi quirinalizi, è da segnalare il profondo significato politico della relazione annuale del presidente della Corte costituzionale, Franco Gallo. Non tanto perché abbia dichiarato il Porcellum, una legge elettorale con «sospetto di incostituzionalità», soprattutto sul punto del premio di maggioranza, ma sull’invito ad affrontare il nodo delle unioni omosessuali, perché alle coppie gay vanno «riconosciuti i diritti». Il ritiro dall’Afghanistan e il matrimonio omosessuale, se giungono presto al voto, sono in grado di sferrare il colpo finale alle contraddizioni interne ai partiti. Due argomenti che da soli sarebbero in grado di oscurare mediaticamente il lavoro dei saggi di Napolitano, se non fosse che la partita del Quirinale è per tutti ancora più interessante.

Ora, la Corte costituzionale vuole essere ascoltata

Insomma, in un clima di scarsa autorevolezza diffusa, la Corte costituzionale dice che non intende fare nessun «rimprovero» al parlamento, ma in realtà sottolinea che la politica ha lasciato cadere importanti «solleciti» lanciati dalla Consulta con le sue sentenze. Se la Corte ha «ormai stabilmente instaurato con i giudici europei» un «dialogo», questo «si presenta a volte più difficile proprio con il soggetto che della Corte dovrebbe essere il naturale interlocutore, ossia il legislatore». Gallo sembra proprio puntare alla famiglia tradizionale. Sì, perchè, oltre al richiamo ai matrimoni gay, ha ricordato tra i tanti inviti rimasti inascoltati dal parlamento anche quello che riguarda il cognome paterno: «L’attuale disciplina che prevede l’attribuzione ai figli del solo cognome paterno è il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia». Si tratterebbe di «introdurre una normativa che abbia una maggiore considerazione del principio costituzionale di uguaglianza tra uomo e donna». Infine, Gallo ha promesso «tempi rapidi» per le decisioni sull’emergenza carceri e la fecondazione eterologa. Entusiastica la reazione della presidente della Camera, Laura Boldrini: «Sono richiami su cui tutti dobbiamo riflettere». Così, l’ala sinistra del Pd. «Il richiamo a legiferare sulle coppie dello stesso sesso da parte del presidente della Corte Costituzionale, lascia il Parlamento senza alibi», ha affermato Sergio Lo Giudice, senatore Pd, «colmare questa lacuna dovrà essere fra i primi atti delle Camere». Nessuan reazione dall’ala cattolica del partito di Bersani né dagli esponenti di Lista civica. Così, come ha taciuto l’ala laicista del Pdl mentre il vice-presidente del Senato, Maurizio Gasparri si è scagliato su Gallo: «Con quale diritto il presidente della Corte Costituzionale ordina di fare leggi sulle coppie omosessuali? Al di la della questione in sè, tra l’altro complessa e controversa, affermiamo con determinazione che non spetta a una figura simile dettare le regole al Parlamento». Napolitano, che conosceva bene la qualità della legna con cui poteva cercare di fare fuoco in un parlamento senza maggioranza politica chiara, ha incaricato i saggi di cercare gli elementi che uniscono e non quelli che dividono non per caso.

Ma Napolitano consiglia di fare ciò che è possibile

Napolitano, nel suo intervento alla riunione per la consegna delle relazioni conclusive dei saggi in materia economico-sociale ed europea e sui temi istituzionali ha evidenziato che si tratta di una selezione delle «questioni di maggior rilievo» da affrontare nell’uno e nell’altro campo, «un elenco ragionato di possibili linee di azione, lasciando alle forze politiche l’apprezzamento dei margini di convergenza e di divergenza su proposte da considerare ai fini di un impegno di governo». A proposito dello stallo sulla nascita del nuovo governo, Napolitano ha rilevato che «dai due cicli di consultazioni da me tenuti», senza perdere nemmeno un giorno dopo l’insediamento delle nuove Camere, «tra il 20 e il 30 marzo, è risultato chiaramente che solo da scelte di collaborazione che spetta alle forze politiche compiere, segnandone i termini e i confini, può scaturire la formazione del nuovo governo di cui il paese ha urgente bisogno. Tale soluzione non poteva dunque nascere per impulso del presidente della repubblica uscente ripercorrendo un sentiero analogo a quello battuto con successo nel novembre del 2011». Adesso, spetterà al successore di Napolitano decidere che fare.

Barca è la speranza della gauche Pd

Il ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca si tesserato al Pd e ha presentato sul web un documento di 55 pagine per rifare il partito. Non necessariamente si candiderà alla segreteria, ma poco ci manca. E a giudicare dalle reazioni dell’attuale maggioranza del partito legata a Pier Luigi Bersani rappresenta una forte speranza ai piani alti di Largo del Nazareno. Anche Massimo D’Alema è visibilmente contento «per le qualità della persona e soprattutto perché rimette al centro l’idea di un partito forte». Insomma, se Walter Veltroni e Matteo Renzi non saranno di certo contenti per la rinascita di un partito di sinistra, la gauche del Pd già l’hanno salutata con favore. «Iscriversi a un partito e candidarsi il giorno dopo a segretario sarebbe grottesco», ha spiegato il ministro della Coesione smentendo di essere contro il sindaco di Firenze: «Non è così, anche se a qualcuno farebbe comodo fosse così».

Bossi non se ne va ma con Maroni è guerra

Umberto Bossi ha smentito le voci che lo danno in uscita dal movimento che ha fondato e di cui è stato segretario per più di vent’anni. «Non ci penso proprio» a creare un nuovo partito, ha affermato il presidente della Lega Nord. Oggi, il Consiglio nazionale della Liga Veneta, convocato per la prima volta dopo le contestazioni di Pontida, deve decidere sull’espulsione dei dissidenti. E Bossi ha già fatto sapere che è una questione tra lui e Maroni. Il segretario lo ha snobbato: «Sta gestendo la questione Matteo Salvini». Forse l’ultima battaglia.

Quirinarie da rifare, la mossa M5S sull’Afghanistan

Se Berlusconi e Bersani manterrano l’accordo di fare il nome del vero candidato all’inizio della prossima settimana, lo faranno in contemporanea con Grillo. Anche se con le quirinarie del M5S proprio come le parlamentarie ci sono dei problemi. Sono state annullate per un attacco hacker al blog di Grillo. Lo ha annunciato lo stesso leader: «Le votazioni per il presidente della Repubblica sono state oggetto di attacco di hacker. Abbiamo deciso di annullare quindi le votazioni di ieri e ripeterle oggi», ha affermato. Questa volta con «nuovi livelli di sicurezza». Ma la vera bomba politica di Grillo è sul ritiro dall’Afghanistan. La mozione è depositata in parlamento. Comincia così: «La guerra in Afghanistan è particolarmente vergognosa in quanto non c’è mai stato un reale motivo per entrare in guerra. Finora ha provocato la morte di 52 militari e di 70mila morti afghani, civili soprattutto. È costata 4,5 miliardi di euro allo Stato italiano che avrebbe potuto investirli in ricerca, sviluppo, pmi, istruzione, sanità». Considerato che il ritiro è già programmato nel 2015 e dunque si tratterebbe di un anticipo, la tentazione di votare la mozione grillina potrebbe realizzare un inedito schieramento trasversale in parlamento.

Sì alla supervisione unica della Bce sulle banche

Ieri sera, l’Ecofin ha raggiunto un accordo politico sul meccanismo di supervisione unica delle banche. Lo ha annunciato il commissario Ue ai servizi finanziari e al mercato interno Michael Barnier. Sono state quindi superate le resistenze della Germania che chiedeva la modifica dei Trattati prima di dare l’ok.

FONTE:
ITALIA OGGI

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