Il mio intervento alla direzione PD di Bologna con Pier Luigi Bersani- 1 febbraio 2010

Parto dalle proposte che faceva Andrea De Maria nella sua introduzione perché mi permettono anche di fare qualche considerazione a margine.

La questione di un coordinamento stretto fra il partito di Bologna, il regionale e il nazionale per guidare questa fase: credo che sia una scelta utile, importante, anzi necessaria anche per un tema più generale che riguarda il partito in questa fase.

Io credo che in questo momento, un momento in cui – non sto a ripetere quel che è stato detto giustamente stasera qui – la vicenda di Bologna è non solo metafora, ma prima linea di quello che sta accadendo nel nostro paese, tenere un legame stretto fra il partito di Bologna e gli altri livelli significa rivendicare la centralità di quello che noi siamo, cioè un partito: il Partito democratico.

E lo dico in relazione a quello che è il tema forse centrale del nostro ragionamento di questa sera che è come noi gestiamo questo momento di crisi, questa sfida che sarà e che è già iniziata di rapporto con la nostra base, con i nostri circoli, con i nostri elettori. Vedete, io credo che noi dobbiamo fare un’operazione, diceva Luca Rizzo Nervo, di verità e responsabilità, che io non leggo, come qualcuno stasera ha voluto fare, poca verità in nome della responsabilità o poca responsabilità in nome della verità Si tratta di riuscire a legare assieme due elementi che per noi sono tutti e due centrali. Il tema della verità significa che se ci fossero – visto che vengono evocate – anzi dico di più, se ci sono incrostazioni di malaffare – e non è il caso del sindaco Delbono che non è stato ancora neanche rinviato a giudizio, ma riguarda il tema generale di cui stiamo parlando – se ci sono incrostazioni di malaffare che riguardano persone che hanno la nostra tessera in tasca noi dobbiamo dire come ha fatto Errani rispetto al tema del CUP,cioè se questo fosse, se questo è, noi siamo parte lesa. Perché noi siamo persone per bene.

Io non ho nessuna voglia di essere coinvolto in una sorta di psicodramma interiore sul fatto che noi siamo un partito di banditi, come qualche intervento oggi ha evocato. E non si tratta, attenzione, di andare nei circoli con una sorta di orgoglio, di arroccamento da gruppo dirigente. Perché io sono gruppo dirigente se mi siedo a una riunione dell’esecutivo. Perché se vado nel mio circolo sono e sono riconosciuto come uno della base, come uno degli altri e condivido, e so di riuscire a condividere e di farlo con verità e con sincerità fino in fondo, che noi siamo un partito sano che in questo momento si trova a dovere gestire una crisi su cui ci sono delle responsabilità. Guardate, si diceva: chiediamo scusa. Io ci sto, chiediamo scusa come partito, assumiamoci la responsabilità, ma a una condizione: chiediamo scusa come partito, non ci chiediamo scusa a vicenda perché questo sarebbe devastante rispetto alla relazione con l’esterno. Noi abbiamo appena fatto delle primarie nazionali e regionali che ci hanno portato – stavo dicendo “in dono”, ma non è stato un dono, è stata una grande fatica per tutti noi come mostrano anche gli interventi di presidenti di circolo che oggi ci spiegato, ci hanno ricordato quanto sia difficile farle le primarie – ci hanno regalato due cose, due tesori del nostro partito. Uno è un gruppo dirigente, una maggioranza, una linea politica, l’altro è un pluralismo interno. Sono due risorse. Una linea politica e una guida chiara e, accanto, un pluralismo interno. Guai se noi in una fase di questo genere puntassimo a mettere in contrapposizione queste due risorse. Lo faremo quando sarà il momento, lo faremo in fase di congresso ma, per favore, non facciamo di questa fase un’ennesima fase congressuale altrimenti non ne usciamo vivi da questa cosa.

La seconda cosa che volevo dire: il comitato politico. Io credo che anche questo sia utile. È utile perché noi abbiamo oggi gruppi dirigenti molto numerosi, forse troppo numerosi – questo è un tema per il domani – quindi un organismo che gestisca, che tenga il pallino in questa fase, più agile, più operativo io credo che sia necessario. Con l’accortezza che diversi interventi hanno ricordato, per esempio Gianluca Borghi, che non si tratti di una sottrazione di responsabilità, di coinvolgimento, di potere decisionale agli attuali organismi dirigenti, ma si tratti di un organismo che faciliti un’assunzione di responsabilità e faciliti un percorso condiviso con gli altri gruppi dirigenti.

Terzo punto, la questione della consultazione. Io sono un sostenitore convinto del meccanismo delle primarie perché credo che sia non un elemento caratterizzante ma un elemento identitario del nostro partito. Credo però che se vogliamo mantenere viva la percezione delle primarie, all’interno della società italiana prima che del nostro partito, come di uno strumento utile, noi non lo dobbiamo logorare. Io credo che oggi non ci siano le condizioni politiche per andare a fare primarie. Perché, al di là dei tempi tecnici, fare delle primarie in cui noi diamo ai cittadini una settimana di tempo per scegliere i candidati rischia di essere intesa come l’ennesima primaria burletta che serve solo a coprire una mancanza di responsabilità dei gruppi dirigenti. Io credo che, se ci riusciamo, dobbiamo fare in modo di assumerci noi questa responsabilità.

Io naturalmente sto partendo da un presupposto: ed il presupposto è che noi andiamo a votare il 28 e il 29 marzo. È questo un tema su cui io credo che noi in questi giorni dobbiamo martellare fino in fondo. Anche oggi a Berselli Pier Luigi Bersani ha risposto in maniera molto chiara. Continuano a destra a ribadire due cose: che non si andrà a votare a marzo e che non si andrà a votare a marzo per nostra responsabilità. Noi dobbiamo dire che noi abbiamo fatto tutto quello che era necessario per andare a marzo: il Sindaco ha dato le dimissioni, il bilancio è stato approvato, la Giunta ha preparato un pacchetto di delibere che è stato votato dal Consiglio comunale: la macchina è lì, è in pista, è un bolide, ha le chiavi nel cruscotto, manca solo l’autista, noi siamo pronti a ripartire.

E, fatemi dire, vi rubo dieci secondi ancora però ci tengo: siamo in fine mandato, io vorrei veramente ringraziare il gruppo consiliare del Partito Democratico nel Comune di Bologna, perché è stata un’esperienza per me molto bella. Sono state ventiquattro persone che hanno lavorato sodo, con impegno. Non hanno fatto pesare l’appartenenza correntizia al’interno del gruppo. Hanno portato le loro idee e la loro passione. Abbiamo affrontato assieme tutti i temi, anche quelli più delicati, anche quelli cosiddetti eticamente sensibili. Ragionando, smussando i nostri angoli, limando i nostri pensieri e le nostre valutazioni prima delle parole che scrivevamo sulla carta e arrivando a votare sempre, anche le cose più spinose e più delicate, tutto all’unanimità.

Io credo che queste persone abbiano fatto un buon lavoro nell’interesse di Bologna per la città. Sicuramente hanno fatto un buon lavoro per me, perché mi hanno ridato fiducia nel Partito democratico, nelle sue potenzialità e nelle sue prospettive verso il futuro.

Sergio Lo Giudice

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