“#my2cents – Un pensiero per rifare la sinistra“: così abbiamo voluto chiamare l’assemblea pubblica, promossa dall’associazione ReteDem www.retedem.itche a Bologna ha riunito tante persone di una sinistra diffusa (nei partiti, nelle associazioni, nelle professioni) che in questi anni ha fatto fatica a parlarsi. Cinque minuti a testa per consentire a tante e tanti di contribuire ad impostare una riflessione collettiva. Un brainstorming su come ripartire che ha descritto, come in un caleidoscopio, uno scenario articolato in frammenti che visti insieme producono un quadro di senso. Riporto qui il mio intervento introduttivo.
C’è bisogno di un pensiero nuovo, capace di ridare un baricentro culturale e una capacità di visione alla sinistra italiana. Serve tempo, applicazione e partecipazione. Serve un progetto grande, ma per quel progetto c’è bisogno del piccolo contributo di tanti. Da qui #my2cents.
Possiamo trovare il valore aggiunto dei due centesimi di ognuno di noi nel gesto di lanciare quella monetina in uno spazio comune composto da persone che, con ogni probabilità, sono unite da una visione del mondo più simile di quanto non dicano le appartenenze diverse, la militanza in distinte forze politiche, la scelta di spendere la propria passione in un’associazione o in un sindacato piuttosto che in un partito. Se riusciremo a mettere da parte quelle appartenenze per andare al merito delle cose da fare forse quelle monetine potranno risuonare insieme.
Nel decennio scorso abbiamo posto dei confini su cui abbiamo costruito i nostri paradigmi, modelli che non funzionano più e che vanno ripensati. A partire dai confini linguistici,dalle definizioni che diamo di noi e delle nostre priorità.
A me, ad esempio, la parola centrosinistra non piace più. E non perché non creda in un’alleanza vasta che tenga insieme in un progetto posizioni anche diverse fra loro. Tutt’altro. Il fatto è che quella parola si porta dietro come tratto ideale quel trattino che avevamo eliminato nella grafia. Oggi non esiste più un centro politico moderato da unire a una sinistra tradizionale, anche se per molti anni abbiamo guardato con questi occhiali. Esiste una sinistra articolata, dalle tante anime, che deve ripensarsi senza avere paura di dire il proprio nome. Sinistra non è sinonimo di estremista, antagonista, identitario. C’è anche quello, certo. Ma sinistra é anche quella riformista, di governo, cattolica, liberale, ambientalista. Sinistra è agire sulle condizioni reali di vita delle persone, cercando le risposte giuste su temi concreti nell’ottica di dare alle persone più giustizia e quindi più felicità. Un compito di cui abbiamo smarrito le istruzioni e per cui abbiamo continuato ad usare una cassetta degli attrezzi obsoleta, anche quando l’abbiamo mascherata da innovazione.
La stessa sorte, quella del parente povero, ha avuto la parola uguaglianza. Una generazione di post comunisti si è sentita a disagio ad usare un termine prima idolatrato e poi divenuto imbarazzante, quasi che fosse sinonimo di illiberalità. Ci siamo nascosti dietro il concetto di pari opportunità come se questo potesse davvero garantire lo stesso orizzonte di pari dignità fra i cittadini. Salvo poi accorgerci che non basta mandare il figlio del medico e del disoccupato nella stessa scuola, se poi a casa uno ha una biblioteca, cartacea o virtuale che sia, e l’altro no. E intanto le diseguaglianza sono cresciute: chi era ricco é più ricco, chi era povero è più povero. Nel 2017, il 5% più ricco degli italiani deteneva quasi il 40% della ricchezza nazionale. E oggi l’Italia occupa il 20^ posto fra i paesi dell’Unione Europea per indice di diseguaglianza dei redditi.
In queste condizioni la meritocrazia rischia di diventare un falso mito, un alibi per i privilegi e un muro per gli esclusi. E misure rivolte a tutti indipendentemente dal reddito come l’abolizione della tassa sulla prima casa o i 500€ ai diciottenni, suonano come un’ulteriore beffa.
Un altro esempio: diritti sociali e diritti civili. Ancora non riusciamo a evitare di contrapporre questi concetti come fossero regni autonomi. Invece, solo tessendo insieme questi fili si può costruire la trama della dignità delle persone. Come ci hanno insegnato le femministe del primo novecento, il diritto a un lavoro, a un salario sufficiente, vale a poco se non è accompagnato dall’accesso a ciò che ti procura piena dignità: la piena cittadinanza, il superamento dei privilegi legati alle condizioni personali, “il pane e le rose, il canto e il riso ottenuti con la solidarietà”.
Sono solo alcuni esempi che indicano la necessita di ripensare parole efficaci con cui definire azioni comprensibili. La sinistra deve essere quella che studia, che legge, che elabora pensieri complessi e li esprime con le parole adeguate, perché se non lo fa lei non lo fa nessuno, e senza un’elaborazione culturale continua un paese non cresce. Ma dopo deve essere in grado di tradurre questi pensieri per farsi capire davvero da tutti. In questi anni abbiamo pensato che a parole semplici, adatte a un meme da condividere sui social, corrispondessero pensieri semplici, e abbiamo smesso di lavorare per spostare più i là il nostro orizzonte culturale. Ci siamo sintonizzati con i sondaggi e abbiamo rinunciato a esercitare quella funzione pedagogica che è fondamentale per un partito di sinistra che voglia creare adesione a un progetto di cambiamento.
Un secondo confine da superare riguarda la geografia attuale della sinistra italiana. Alle politiche gli elettori potevano scegliere fra tre o quattro liste di sinistra riformista. Ci siamo ingabbiati in casematte in cui donne e uomini con una visione del mondo assai simile si sono trovati contrapposti, com’è successo in modo eclatante al referendum costituzionale, dove persone che condividono al fondo la stessa idea di Stato, di politica, di rapporto fra istituzioni e cittadini si sono trovati improvvisamente divisi da un muro come i berlinesi nel 1961.
E poi c’è un terzo confine, che riguarda luoghi reali e persone in carne e ossa. Chi fa politica nelle istituzioni ha spazi, risorse, obiettivi specifici da perseguire. Ma fuori da lì troppi possono esprimere la loro passione politica solo smanettando sui social dallo smartphone oppure andando un paio di volte al mese a una riunione o a un dibattito al proprio circolo. Perché spazi di coinvolgimento reale, di partecipazione politica avvertita come utile non ce ne sono da molti anni. E intanto, fuori dalla politica in senso stretto ci sono milioni di italiani, giovani e anziani, impegnati attivamente nel volontariato,nelle associazioni, su un progetto civico. Perché di questo impegno è immediatamente visibile il senso, di quello politico no.
Qualche giorno fa Goffredo Bettini ha invitato il Partito Democratico a superare i propri circoli e a sostituirli con qualcos’altro, “luoghi” aperti e democratici che diventano l’elemento costituente di una nuova forma partito https://www.huffingtonpost.it/goffredo-bettini/se-il-pd-non-esce-dallattuale-pantano-sara-per-me-impossibile-riprendere-la-tessera_a_23405812/.
Massimo cacciare si è spinto a proporre lo scioglimento del Pd, definito “un colossale equivoco” non-ci-sono-alternative-questo-pd-va-sciolto-1.320313
In questi anni Fabrizio Barca aveva promosso invece un progetto di serio investimento sui circoli territoriali dem, intesi come “luoghi ideali” di propulsione di progetto e partecipazione, e la creazione di uno spazio in cui tutte le sinistre potessero mettere a confronto letture del mondo e priorità politiche ricercandone un minimo comune multiplo https://www.huffingtonpost.it/fabrizio-barca/la-mia-proposta-alle-sinistre-del-pd-da-dove-ripartire-per-ritornare-uniti_b_13691634.html. A sinistra del Pd sono nati altri cantieri politici ed esperienze civiche che hanno sperimentato nuovi modelli di partecipazione.
Ecco, io credo che dovremmo avere tutti il coraggio e la generosità di superare la frammentazione di queste esperienze e lavorare con umiltà alla ricomposizione del campo più largo possibile per una sinistra, riformista nel metodo ma capace di una nuova radicalità delle proposte. Noi cercheremo di regalare i nostri due centesimi a questo obiettivo.