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Il mio intervento in Consiglio comunale – Bologna, 15 aprile 2009

La tragedia del terremoto nella provincia dell’Aquila ha prodotto un’ampia rete di  solidarietà e anche un saggio tacere delle polemiche politiche in nome della necessaria unità nazionale di fronte alla catastrofe.
Passata l’emergenza dei primi giorni, però, ci sono  decisioni politiche da assumere ed è inevitabile che le ricette in campo siano  oggetto di valutazione, se occorre anche critica. Questo vale in primo luogo per le modalità di reperimento delle  risorse.
Il Governo ha annunciato che inserirà la ricostruzione del terremoto in Abruzzo  fra i destinatari del contributo del 5×1000 che gli italiani possono decidere di destinare a scopi sociali. A prima vista questo produrrebbe  un encomiabile moto di solidarietà ma dietro una prima reazione emotivamente favorevole, se si guarda un po’ meglio a cosa sta succedendo, ecco che la valutazione cambia.

In base alla legge finanziaria del 2009, destinatari del 5×1000 sono: le ONLUS,  le associazioni di promozione sociale, le associazioni sportive dilettantistiche e altre   associazioni riconosciute dall’art.1 della   legge 460 del 97; gli enti di ricerca scientifica, universitaria e sanitaria; i Comuni.
I fondi del 5×1000 non possono, per legge, superare i 380 milioni di euro. Una cifra relativamente modesta se pensiamo che si tratta del principale (in molti casi l’unico) contributo che lo Stato dà alla ampia rete di associazioni  di volontariato sociale che portano sulle spalle un’ampia fetta del sistema di welfare in questo paese. In presenza di quel tetto,  e a fronte di un adesione dei contribuenti al 60%, la percentuale reale si riduce in realtà ad un magro 2×1000. Quello che sta per accadere è che oggi, di fronte ad un’emergenza sociale, la risposta dello Stato è quella di produrre un abbattimento delle cifre destinate al volontariato e che in  tanti casi (basti pensare alle associazioni dello stesso Abruzzo, ma non solo) sarebbero stati destinati proprio a quell’emergenza.
Ridurre i contributi del 5×1000 significherebbe segare le gambe anche a tante associazioni operanti a Bologna, come  l’Auser, le ACLI, Emergency, l’ANT, la Croce Rossa, Medici Senza Frontiere, l’Amref, l’ARCI, la Lega Anti Vivisezione, per citare alcune fra le più scelte dai bolognesi.

La stessa cifra potrebbe essere risparmiata se il governo rifiutasse la pretesa della Lega di svolgere il referendum in una data diversa da quelle delle Europee e delle amministrative con lo scopo dichiarato di ostacolare la partecipazione al voto degli italiani. Abbattere i contributi al volontariato per finanziare un disegno politico ai limiti della decenza democratica  è un fatto gravissimo.

Ma c’è anche un altro modo in cui lo Stato potrebbe trovare quelle risorse. Primo fra tutti un utilizzo corretto dello strumento dell’otto per mille. A differenza del 5×1000, il versamento dell’8×1000 ad una delle confessioni religiose riconosciute o allo Stato non ha un tetto. Inoltre, a fronte del solo  40% dei contribuenti che dichiara un’opzione, anche il  restante 60% viene  attribuito – caso unico al mondo – in modo proporzionale. La cifra in questione ammonta grosso modo a più di un miliardo di euro. Basterebbe che, come accade in Spagna,  lo Stato trattenesse la quota non destinata per avere 600 milioni di euro da destinare a scopi sociali  che quest’anno potrebbero essere utilizzati per il terremoto.

So che questo non succederà, non con la rapidità necessaria ad affrontare l’emergenza che abbiamo di fronte. Ma c’è un gesto che il governo potrebbe – se solo lo volesse – fare domani stesso: dichiari pubblicamente che la quota dell’otto per mille espressamente donata allo Stato sarà destinata alla ricostruzione post terremoto. Dia questo segnale agli italiani  nelle settimane in cui tutti ci apprestiamo a preparare la nostra dichiarazione dei redditi. Faccia per una buona causa quello che si finora  rifiutato di fare, dato che non si è mai preoccupato di spiegare agli italiani, attraverso un’efficace campagna comunicativa, come destinerà quella quota. Con due sole eccezioni: quando, nel 1996,  il ministro Livia Turco, subito osteggiata ed isolata, spiegò di volere destinare la  cifra all’infanzia povera e quando nel 2004  premier Silvio Berlusconi dichiarò che avrebbe destinato quei soldi per finanziare la guerra in Iraq, dissuadendo così i contribuenti a versare allo Stato la propria quota.
Invece di raschiare il fondo del barile della solidarietà, il Governo faccia un gesto di coraggio e comunichi agli italiani che le quote dell’otto per  mille destinati allo stato italiano non andranno alle guerre, ma ad un’azione condivisa di solidarietà.

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