La corruzione è una mala pianta. Spesso è invisibile da lontano, ma se ce l’hai accanto, in ufficio o in azienda, allora è facile vedere che qualcosa va nel verso sbagliato. Se accorgersene è facile, denunciare può essere complicato quando parliamo del tuo datore di lavoro o del tuo collega d’ufficio.
Questa mattina ho partecipato alla manifestazione #VociDiGiustizia promossa da Riparte il Futuro e Transparency Italia, impegnate nella battaglia per dare al nostro paese una legge che tuteli i cosiddetti “whistleblower”; coloro i quali, in presenza di fatti illeciti commessi dall’azienda o dall’ente per cui lavorano, decidono di denunciare e sventare possibili pericoli per colleghi, portatori di interesse e collettività.
Senza tutele però, il coraggio di chi alza la voce rischia di essere ripagato col mobbing, il demansionamento e – nei peggiori casi – la perdita del lavoro.
In questa legislatura mi sono unito alla senatrice Lucrezia Ricchiuti, che ha presentato un pacchetto di emendamenti migliorativi al ddl 2208, approvato dalla Camera il 21 gennaio 2016 e solo dallo scorso luglio in trattazione in commissione a Palazzo Madama.
Tra le nostre proposte, condivise con Riparte il Futuro, c’è il potenziamento di Anac e la maggiore definizione dei suoi compiti nel rapporto con la funzione pubblica, la tutela indiscriminata del lavoratore indipendentemente dal tipo di denuncia sporta, sanzioni più forti contro le ritorsioni e la creazione di una figura nelle aziende con più di 15 dipendenti impegnata a raccogliere e gestire le segnalazioni.
Combattere la corruzione è una priorità che non possiamo accantonare con il volgere a termine della legislatura. Lo abbiamo detto stamattina a Piazza del Pantheon a Roma e potete farlo voi ovunque vi troviate firmando la petizione al Parlamento.