La Commissione del Senato ha approvato una risoluzione (scarica il PDF) che chiede di “chiudere definitivamente i Cie attualmente svuotati e non agibili per ristrutturazione”, come quello di Bologna, una una drastica riduzione delle strutture, del tempo di permanenza e un gestore unico nazionale. La mia intervista a Radio Città del Capo
(DIRE) CIE. Commissione diritti umani Senato: “Se chiusi lo restino”
(DIRE) Bologna, 10 mar. – Mercoledi’ scorso mentre a Bologna il neo prefetto, Ennio Mario Sodano, diceva che i Cie sono “utili”, a Roma la commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato approvava una risoluzione in cui chiede esplicitamente di “chiudere definitivamente i Cie attualmente svuotati e non agibili per ristrutturazione”, come quello di Bologna. Il documento sottolinea che “soprattutto” sarebbero da superare strutture “in localita’ difficilmente raggiungibili dalle autorita’ consolari evitando inutili ritardi dei tempi di trattenimento dello straniero in attesa di essere riconosciuto”; e se proprio si vogliono i Cie, andrebbero aperti solo dove “hanno sede le rappresentanze diplomatiche”. Ma questa e’ solo una delle numerose richieste approvate dalla commissione (voto contro della Lega) presieduta da Luigi Manconi e di cui fa parte Sergio Lo Giudice (Pd). Il documento e’ il frutto degli approfondimenti (rispetto a una precedente indagine conoscitiva) mediante audizioni e sopralluoghi nei Cie di Bari, Roma, Gradisca d’Isonzo, Trapani e Torino dove sono emerse “numerose carenze” riguardo “alle funzioni che dovrebbero svolgere, e cio’ in ragione di rilevanti insufficienze strutturali, nonche’ di modalita’ di esecuzione del trattenimento inadeguate rispetto alla tutela della dignita’ e dei diritti degli interessati”. Ad esempio, nella relazione si sottolinea che “il prolungamento del trattenimento fino a un massimo di 18 mesi appare una misura inutile, in quanto non ha migliorato il tasso di espulsioni”. Oppure che “il drastico taglio delle risorse a disposizione degli enti gestori, insieme al prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi, hanno contribuito ad accrescere la tensione nei centri e a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita dei trattenuti”.
La risoluzione ricorda anche che i Cie dell’Emilia-Romagna “sono stati chiusi a febbraio (Bologna) e ad agosto (Modena) per lavori di ristrutturazione, dopo che le Prefetture, di fronte a esiti disastrosi sia per le condizioni di vita dei trattenuti sia dal punto di vista della gestione complessiva, avevano revocato gli appalti dei centri all’ente che se li era aggiudicati con gare al ribasso”. Inoltre, “la maggior parte dei centri attualmente operativi funziona a scartamento ridotto per ragioni di sicurezza o perche’ molti settori sono inagibili o danneggiati”. La commissione, soprattutto, nelle sue visite ha accertato “diverse criticita’ e violazioni dei diritti fondamentali” di persone trattenute troppo a lungo e senza “alcun tipo di attivita` ricreativa o formativa”; varie invede le “situazioni di tensione altissima” dovute anche alla diversita’ di chi e’ ospitato nel Cie: tanto chi ha vissuto legalmente in Italia e ma non ha rinnovato il permesso di soggiorno ad ed ex-detenuti, senza dimenticare chi soffre di “vulnerabilita` psicologica e fisica”. Per questo persone, la permanenza nei Cie “provoca un aggravio della loro condizione psico-fisica (in molti casi si riscontra l’uso, spesso l’abuso di psicofarmaci) e si rivela spesso inutile ai fini dell’identificazione”. Ma nei Centri, si legge ancora, ci sono anche “immigrati che da molti anni vivono insieme alle loro famiglie in Italia, paese nel quale hanno sede i loro affetti ed interessi; tali migranti spesso non hanno piu` alcun legame con i loro paesi di origine. Anche in questo caso il trattenimento risulta spesso inutile, stante la difficolta` di identificarli e diviene lesivo del diritto all’unita’ familiare dei migranti e dei loro familiari”.
La risoluzione evidenzia poi che “il trascorrere di un ‘tempo vuoto’ all’interno dei centri e’ una delle criticita` piu` forti registrate dalla commissione”. In alcuni Cie non entrano “penne, libri, giornali, riviste, racchette per il ping pong; spesso i televisori non sono presenti in tutti gli spazi abitativi; solo in alcuni centri esiste un campo di calcetto e spesso non e’ possibile praticare attivita’ fisica”. Alcuni dei divieti previsti dalle Prefetture appaiono poi giuficati “incomprensibili”: vietati gli accendini e i fiammiferi, “i lacci delle scarpe vengono requisiti all’ingresso nel centro; non sono ammessi telefonini con la fotocamera”. Dopo queste lunghe premesse, la commissione chiede innanzitutto al Governo di “rivedere la disciplina dei tempi di permanenza all’interno dei Cie riducendo il trattenimento a 30 giorni, con eventuale proroga a 60 giorni, come previsto originariamente”. La quarta delle richieste e’ quella che chiama in causa la situazione dell’Emilia-Romagna ed e’ una esortazione a “chiudere definitivamente i Cie attualmente svuotati e non agibili per ristrutturazione”. Un’altra esigenza e’ invece quella di “rivedere i criteri di assegnazione della gestione dei Cie, affidando a un ente gestore unico su scala nazionale tutti i centri attraverso un’unica procedura a evidenza pubblica, e a intervenire per modificare i criteri di assegnazione per le gare d’appalto valutando non solo l’offerta economica e il criterio dell’offerta piu` bassa, ma tenendo conto dei costi della gestione”, altra sottolineatura che chiama in causa le vicende di Modena e Bologna. (Mac/ Dire) 14:10 10-03-14 NNNN
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