Domani voterò la fiducia al governo di Matteo Renzi.
Lo schema su cui nasce questo governo non mi piace e non lo condivido. Stiamo costruendo un’alleanza di legislatura con partiti del centrodestra come l’NCD di Alfano e Giovanardi ol’UDC di Casini, superando la logica emergenziale (o di scopo, o di servizio o come altro avevamo definito il governo Letta) per un’alleanza politica. So bene che ad oggi in Senato non ci sono i numeri per fare a meno di questi contributi. Ma ancora una volta, com’era accaduto ad avvio di legislatura, siamo costretti da circostanze che noi stessi abbiamo copiosamente contribuito a creare.
Dei contenuti su cui si muoverà questo governo si sa ancora poco. Il jobs act si è fermato ai titoli e non è ancora dato di conoscerne i punti qualificanti. Il programma annunciato non è ancora pronto. C’è qualche indiscrezione, come quella che vedrebbe Renzi e Alfano accordarsi su una debole legge sulle coppie di fatto come risposta alla richiesta di uguaglianza giuridica delle coppie omosessuali. Come se in un paese le donne chiedessero il diritto di voto e gli dessero in cambio i punti della coop.
Questo governo nasce sull’onda di una forte investitura popolare di Matteo Renzi a segretario del Pd, ma contraddicendo gli obiettivi su cui quel voto era stato chiesto (una buona legge elettorale subito e al voto dopo il semestre italiano di presidenza europea).
La minoranza – l’unica minoranza rimasta, quella dei 16 civatiani che avevano votato no in direzione Pd al cambio in corsa Letta/Renzi – è stata ignorata da allora. Nessuna risposta sui punti programmatici posti, nessuna interlocuzione politica e, ciliegina sulla torta, un ministro, l’ottima Maria Carmela Lanzetta sindaco antimafia,che non avevamo chiesto né ci era stato annunciato, come se bastasse sempre una poltrona per rispondere a una questione politica.
Eppure voterò la fiducia. Lo farò perché mi sento parte di una comunità politica, quella del Partito Democratico, con la quale voglio continuare il mio cammino e dentro cui ci sono tante istanze di rinnovamento che non vanno lasciate cadere. Lo farò confortato da una bella e autentica assemblea a Bologna con più di mille persone (oltre ai tanti che sono andati via perché la sala delle Scuderie era al massimo della sua capienza) dove la maggior parte degli interventi si sono espressi in questo senso. Perché in quella sala , in cui ci si era dati appuntamento da ogni luogo d’Italia, la rabbia e la delusione non hanno avuto il sopravvento sulla passione e la speranza. A un certo punto qualcuno ha tirato fuori una bandiera dell’Ulivo, che è rimasta tutta la mattina sul palco, come segno che è da lì che vogliamo ripartire. E allo stesso modo si è espressa, anche se di misura, la maggioranza dei ventimila partecipanti in 24 ore al questionario on line su www.civati.it. Un voto di fiducia, quindi, ma di fiducia nel PD, nell’idea che sia riformabile e che noi con questa carica di passione(e qualche ragione storica) lo cambieremo.
Qualcuno ha sperato che ce ne andassimo. Qualcuno ha lavorato in questo senso. Ma al virtuale “Civati chi?”che ci è stato rivolto in queste settimane in cui abbiamo atteso invano delle risposte di contenuto noi oggi abbiamo risposto: “Civati noi”, una comunità appassionata che non rinuncerà a parlare con chi è fuori dal Pd, da singoli o in altre organizzazioni politiche e sociali, e a costruire una prospettiva di vero centrosinistra per il nostro paese.

VIDEO. Il mio intervento

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