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Da cosa dipendono le sorti del  Teatro Comunale di Bologna? Sbagliare la risposta rischia di impedire di tirare fuori dalle secche una delle principali risorse del teatro lirico italiano. Eppure molti, come il centrodestra bolognese in preda a fibrillazione elettorale, fanno finta di non sapere o davvero non comprendono che la crisi del Comunale è la crisi dei Teatri Lirici italiani e che solo seri interventi strutturali e legislativi sulle  Fondazioni liriche potranno indicare una rotta sicura.
I Teatri lirici – che solo pochi mesi fa hanno eletto alla presidenza dell’Anfols il Sovrintendente del Comunale Mario Tutino – hanno presentato al Ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi una serie di richieste importanti che, se realizzate, avrebbero la forza di invertire la tendenza.
La defiscalizzazione dei contributi privati, ad esempio: una misura necessaria se si vuole che le Fondazioni siano realmente attrattive per le aziende. La valorizzazione delle peculiarità dei diversi Teatri, necessaria perché una struttura relativamente piccola come il Comunale possa stare dentro lo stesso modello di ripartizione dei fondi pubblici insieme a strutture capaci di ospitare molte migliaia di persone, come l’Arena di Verona, o di esercitare una più forte attrattiva sugli sponsor, come solo la Scala di Milano è oggi in grado di fare. Un nuovo modello di gestione, che svincoli il governo dei Teatri dalle logiche della politica.
Queste azioni potrebbero incidere positivamente sul problema di fondo: la sproporzione crescente fra contributi statali e costo del personale. I dati forniti dal Teatro al  Consiglio comunale dicono che se nel 2001 i 16 milioni di euro di contributi dal Fondo Unico per lo Spettacolo coprivano abbondantemente i 15 milioni di costi per il personale, nel 2011 i 9 milioni previsti dalla finanziaria copriranno appena la metà di quella spesa. Anche su questo Bondi si era impegnato, annunciando un reintegro dei tagli al FUS per il 2009, ma a questa promessa, come a tutte le altre, si è ben guardato di dare seguito.
Mario Tutino ha messo in campo un’iniziativa, la Scuola dell’Opera, significativa sul piano di una  formazione artistica d’eccellenza ma anche utile a contribuire alla ripresa economica attraverso un aumento del numero delle repliche. Il Comune ha ricapitalizzato la Fondazione conferendo beni per 19 milioni di euro. Ma è impossibile che sia l’amministrazione comunale di Bologna (già costantemente penalizzata fra i Comuni italiani riguardo ai trasferimenti dallo Stato) a risolvere la questione. Occorre che il Governo intervenga con forza e con urgenza, non certo con inutili e dannosi ipotesi di commissariamento ma con un serio progetto di revisione complessiva del sistema, altrimenti l’unica leva sarà quella di una drastica riduzione dei costi  che non può essere l’unica misura da adottare.
Il Teatro Comunale si avvale dell’opera di competenze  e professionalità elevatissime. Consolidare il loro senso di appartenenza ad un’istituzione che non è una qualsiasi azienda è necessario per tutelarne la qualità. È necessario che non gravi su di loro l’intero carico di una riforma del sistema. Sta nella responsabilità di tutti gli attori in gioco, lavoratori e sindacati compresi, trovare la strada per affrontare nel modo più condiviso questo difficile passaggio, evitando di creare nuove parti in commedia, come quella del burbero sovrintendente che tiene stretti i cordoni della borsa, che non aiutano a comprendere i termini della questione e, soprattutto, ad indicare le soluzioni per risolverla.

Sergio Lo Giudice

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