C’é qualcosa di aristocratico, e quindi di antidemocratico, nel modo in cui Massimo Bugani ha liquidato come propaganda il “Librone” di Virginio Merola.

Il sindaco ha deciso di illustrare con un volumetto cartaceo da distribuire agli elettori bolognesi i risultati amministrativi del suo primo mandato. Si sa, carta canta, e fissare in un opuscolo sfogliabile e facilmente consultabile il rendiconto di un mandato è operazione trasparente, che va nella direzione sempre auspicabile di una valutabilità dell’azione prodotta.

Ma al candidato sindaco del M5S questa restituzione non piace. Forse innervosito da un gesto di trasparenza che spunta un’arma polemica storica dei pentastellati, Bugani scivola su una buccia di banana, confondendo il mezzo con il contenuto. “Propaganda berlusconiana” ha tuonato, evocando il ricordo del patinatissimo volume “Una storia italiana” inviato in tutte le case da Silvio Berlusconi nel 2001, il cui taglio propagandistico stava nel fatto che si trattava della biografia del capo supremo e non certo nel formato cartaceo. Questa infatti è l’unica assonanza fra il libro rosso di Merola e l’agiografia del caro leader: la carta.

Ma la carta è ad oggi lo strumento privilegiato da tanti cittadini, soprattutto più anziani, per ricevere informazioni. Anche in una cittá ad elevata digitalizzazione come Bologna, molte persone sanno mandare una mail ma leggono le notizie stampate su un quotidiano, sanno cercare una notizia su Google ma si trovano più a loro agio a sfogliare un volume che ad approfondire una ricerca su Internet . Il volume ha un costo, ma 80.000 euro non sono certo una cifra enorme per lo strumento principale della campagna elettorale di un sindaco. Sono soldi che proverranno dalla campagna di sottoscrizione e che saranno rendicontati in modo trasparente. Come trasparente e sano è quel bilancio del PD bolognese approvato pochi giorni fa dalla direzione provinciale, un organismo democraticamente eletto sulla base di uno statuto, che decide come spendere i soldi e controlla come questo viene fatto. Un’ebrezza democratica che al M5S e ai suoi aderenti ad oggi non è dato provare.

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