“Domenica abbiamo avuto delle belle vittorie, come a Milano e Bologna, e delle cocenti sconfitte su cui occorrerà riflettere. Lo faremo venerdì in direzione. Ma oggi Matteo Renzi fa alle minoranze Pd una domanda a cui si può dare subito una risposta. Intervistato da un quotidiano il nostro segretario e premier si chiede se di fronte a questi risultati dovrà innovare di più o di meno. Per quanto riguarda noi di ReteDem la risposta c’è già: bisogna innovare di più”. Così il senatore democratico Sergio Lo Giudice, portavoce del network di attivisti, dirigenti e parlamentari interno al Pd.
“Dobbiamo innovare di più, a partire dalla scelta dei candidati, come avevamo chiesto a Torino proponendo le primarie. Innovare di più, ad esempio resettando il partito campano e dando voce a quei tanti giovani appassionati che chiedono che ci lasciamo alle spalle le cordate clientelari e le alleanze impossibili che ci hanno consegnato ad una vergognosa irrilevanza. Innovare di più, chiamando finalmente il PD romano ad un congresso troppo a lungo rimandato, che segni una discontinuità con chi ha dilapidato in pochi anni il patrimonio ottenuto nel 2013 con la vittoria di Marino. Innovare di più significa aggredire con forza il cancro della corruzione e dell’illegalità, tema su cui oggi – spesso a torto – il M5S è considerato dall’opinione pubblica come il depositario della parola onestà. Significa avere più coraggio sui diritti civili, sull’innovazione tecnologica, sulle scelte ambientali. Innovare di più significa anche mettere mano alle dinamiche interne al Pd, dove l’arroganza dei modi sta lacerando relazioni laddove avremmo bisogno di rilanciare davvero un orgoglio Pd radicato su un progetto comune e non solo su una campagna di comunicazione. Oggi innovare significa abbandonare l’idea dell’uomo al comando solo contro tutti, ma recuperare la ricchezza del radicamento sociale. Un movimento nuovo come Podemos, di cui dovremmo studiare le differenze con gli slogan di cartapesta dei 5Stelle, ha conquistato consensi in Spagna, a livello locale come nazionale proprio perché ha unito una prepotente richiesta di cambiamento a un radicamento capillare nei mondi sociali, economici, associativi. Noi invece abbiamo scontato nelle città il logoramento dei rapporti con associazioni, sindacati e altri corpi sociali”.
“Cambiamento – conclude Lo Giudice – significa anche provare a condividere azioni e strategie dentro al partito e nella società, per fondare la trasformazione sulla partecipazione e quindi su una più forte credibilità, patrimonio che i risultati di domenica ci consegnano come a rischio”.