(9Colonne) Roma, 12 feb – “La Chiesa, come tutte le confessioni religiose, ha il diritto di esprimere le proprie posizioni sul dibattito pubblico. Ma non sulle procedure del dibattito al Senato, su cui l’unico che deve esprimersi è il Presidente Grasso. Anche chi non vuole evocare un’ingerenza nei confronti dello Stato, non può non rimanere scandalizzato quando il Presidente delle Cei pretende di influenzare il Presidente del Senato”. Lo ha detto Sergio Lo Giudice, senatore del Pd e membro della Commissione Giustizia del Senato, intervenuto ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano”, condotta da Gianluca Fabi e Livia Ventimiglia su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it). Lo Giudice ricorda che “all’interno della Chiesa ci sono due posizioni molto diverse, quella rappresentata da Bagnasco e Ruini con un richiamo molto diretto ai politici cattolici a seguire le indicazioni del Vaticano; e quella di Papa Francesco che invece punta la sua attenzione altrove e si sta abituando ad un racconto della cristianità più legato a concetti di misericordia, di attenzione agli ultimi, a quelli che soffrono. Le questioni che riguardano l’etica sessuale non sono più un punto dirimente per tutta la Chiesa. Voglio sottolineare che sia Renzi che Grasso hanno risposto in modo molto fermo a questo tentativo di intromissione da parte della Cei. La libertà del Vaticano di intervenire nel dibattito politico dovrebbe essere accompagnata dal fatto che poi i politici si comportino sapendo che amministrano e governano una pluralità di posizioni. Purtroppo ancora oggi continua ad essere presente un’idea per cui il punto di vista valoriale di una maggioranza debba valere come regola a cui fare attenere gli altri. E’ la negazione della laicità dello Stato, delle concessioni religiose e filosofiche che ci sono all’interno della società. Il timore che la Chiesa possa influenzare la votazione c’è. L’Italia ha sempre avuto un ritardo storico rispetto ad altri Paesi nella promozione di norme che riguardassero la promozione della famiglia. Poi però è sempre arrivato un punto in cui il livello di maturazione era così avanzato che la legge si è dovuta adeguare. E’ successo per l’aborto, per il divorzio, ecc… Qualunque siano le decisioni e i comportamenti dei genitori, i bambini devono avere tutti lo stesso trattamento e lo stesso inquadramento giuridico”.

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