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Pd, lo strappo di Bersani: “Io non sono un figurante”. Renzi: “Stupito da polemiche, noi per il confronto”
Fonte: repubblica.it

Con parole di fuoco, l’ex segretario fa sapere che non parteciperà alla riunione dei gruppi parlamentari dem convocata dal premier. Attacca Jobs act, riforma costituzionale e Italicum. Anche minoranza dem pronta a disertare. La replica distensiva: “Non sprechiamo tempo, nessuno ha verità in tasca, no a caminetti ristretti”

ROMA – E’ un Pier Luigi Bersani decisamente arrabbiato quello che annuncia di non avere alcuna intenzione di andare domani all’incontro dei parlamentari Pd convocato al Nazareno dal premier-segretario Matteo Renzi. “Non ci penso proprio – è la presa di posizione dell’ex leader del partito che incassa il plauso di Pippo Civati -, perché io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto”. Parole di fuoco pronunciate in una lunga intervista che uscirà domani su Avvenire. Tra gli argomenti affrontati, anche la riforma delle banche popolari, il caso Rai-Mediaset e le liberalizzazioni.

Le replica (distensiva) del presidente del Consiglio arriva dopo qualche ora: “Nessuno ha la verità in tasca e nessuno vuole ricominciare con i caminetti ristretti vecchia maniera: noi siamo per il confronto, sempre. Aperto e inclusivo, senza che nessuno si senta escluso”. Renzi si dice quindi “stupito” di chi, nella minoranza Pd, “gioca la carta della polemica interna” disertando l’incontro di domani.

“Il nostro popolo – prosegue il premier – quello che ci vota alle primarie e che, dopo tante sconfitte ci ha dato il 41% per cambiare l’Europa e l’Italia, non si merita polemiche ingiustificate persino sugli orari e sulle modalità di convocazione di questi incontri informali. Non abbiamo tempo da perdere, non sprechiamo neanche un minuto in polemiche sterili. Al lavoro, per ridare speranza e fiducia all’Italia. Non capisco – aggiunge – la polemica di queste ore sulle riunioni di domani al Pd. Il nostro è un partito democratico, nel nome ma anche nelle scelte e nel metodo. Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito: dal Jobs act fino alle riforme costituzionali, dalla legge elettorale alle misure sulla legge di stabilità. Abbiamo organizzato iniziative su scuola, politica estera, Europa, forma partito, sociale, enti locali e molto altro. Per domani abbiamo offerto una opportunità in più, una semplice occasione di confronto, come sempre diretto e schietto, che pensavamo potesse essere apprezzata da chi spesso chiede più collegialità. Un semplice scambio di idee, convinti come siamo che solo ascoltandoci possiamo migliorare”.

Un attacco frontale, tuttavia, Bersani lo riserva proprio al Jobs act che “mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni Settanta” e perciò si pone “fuori dall’ordinamento costituzionale”. Un secco avvertimento al premier, poi, arriva su Italicum e riforma costituzionale: “Il combinato disposto” tra i due testi “rompe l’equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale”.

Lo scontro dentro ai democratici si era già consumato ieri, quando il presidente del Consiglio aveva deciso di convocare una riunione dei gruppi dem che ha colto di sorpresa molti. La lettera aperta di Renzi ai ‘suoi’ parlamentari – un documento in cui si annunciava per venerdì un pomeriggio di dibattiti da un’ora ciascuno su scuola, Rai, ambiente e fisco – è piaciuta davvero a pochi. Fin da subito si era capito che buona parte della minoranza con tutta probabilità non avrebbe partecipato. Un’impressione confermata col passare delle ore, quando è apparsa sempre più realistica la possibilità di un abbandono di massa da parte della sinistra. A far sapere che non andrà all’incontro è anche Gianni Cuperlo.

Nessun “ordine di scuderia”, era stata la rassicurazione, “ognuno deciderà individualmente”, ma erano già stati in tanti a dare per scontato che non ci sarebbe stato né Bersani né i parlamentari a lui vicini come Davide Zoggia, Alfredo D’Attorre e Stefano Fassina. La mossa del premier era stata descritta (da fonti vicine ai dissidenti), come una reazione alla nascita della corrente dei ‘catto-renziani’, vale a dire quelli che fanno capo a Graziano Delrio e Matteo Richetti che proprio ieri sera si sono riuniti a Montecitorio alla presenza di Luca Lotti.

Sotto sera, 20 senatori Pd scrivono a Luigi Zanda per manifestare “perplessità” sull’incontro di domani. I firmatari sono in buona parte i protagonisti della battaglia contro la legge elettorale dello scorso gennaio: Claudio Broglia, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Federico Fornaro, Maria Grazia Gatti, Maria Cecilia Guerra, Miguel Gotor, Paolo Guerrieri Paleotti, Silvio Lai, Sergio Lo Giudice, Doris Lo Moro, Patrizia Manassero, Maurizio Migliavacca, Corradino Mineo, Carlo Pegorer, Lucrezia Ricchiuti, Lodovico Sonego, Walter Tocci.

“Le modalità e il merito della convocazione suscitano rilevanti perplessità”, scrivono i senatori. “In primo luogo, quanto al metodo, riteniamo che la convocazione del gruppo parlamentare rientri nel ruolo precipuo del presidente. Ciò consente, fra l’altro, di non alterare il diverso e autonomo ruolo che i gruppi parlamentari devono avere nei confronti del governo e nei confronti del partito”. “In secondo luogo – proseguono – la convocazione non può prevedere un’ora di discussione su temi di vastissima portata”. Concludono i senatori: “Su di un lavoro sistematico di confronto sull’agenda parlamentare, da condurre in stretta relazione con la segreteria del partito e con i nostri rappresentanti al governo, e ovviamente, con il nostro segretario, la nostra disponibilità non è e non è mai stata in discussione, anzi è stata da noi sollecitata in più di un’occasione”.

La risposta di Zanda non si fa attendere: gruppi parlamentari e partito devono lavorare insieme – dice – le riunioni possono essere “talvolta utili” vista “la complessità, la difficoltà e anche i rischi dell’attuale fase politica”.

Il botta e risposta prosegue dopo l’arrivo della lettera di Renzi, che per i 20 “sembrerebbe indicare la volontà di un rilancio del confronto di merito all’interno del nostro gruppo parlamentare fra gruppi parlamentari e tra questi e il partito. Si tratta di una prospettiva di fondamentale importanza a cui siamo da sempre interessati”, ma, osservano “proprio per questo le modalità e il merito della convocazione suscitano rilevanti perplessità che ci teniamo a rappresentarti”.

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