20 giugno 2013. Il mio intervento in Senato in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato

Gentile presidente, senatrici e senatori,
Oggi, 20 giugno, si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato.
Secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati , nel 2012 il numero di rifugiati e di sfollati ha raggiunto livelli mai raggiunti negli ultimi 18 anni.
Le migrazioni forzate registrate nel 2012 riguardano 45,1 milioni di esseri umani.
15,4milioni i rifugiati, 937mila i richiedenti asilo e 28,8 milioni gli sfollati all’interno del proprio paese.
I minori costituiscono il 46% di tutti i rifugiati.
Ogni 4 secondi una persona nel mondo diventa rifugiato o sfollato.

Le guerre sono la causa prima di questo esodo che si rinnova ogni anno. Il 55% di tutti i rifugiati proviene infatti da soli 5 paesi coinvolti in conflitti: Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria e Sudan. Nuovi flussi si registrano anche in uscita da Mali e Congo .

Numeri allarmanti che, secondo l’Alto Commissario ONU per i Rifugiati António Guterres, “indicano non solo una sofferenza individuale su vasta scala, ma anche le difficoltà della comunità internazionale nel prevenire i conflitti e nel promuovere soluzioni tempestive per una loro ricomposizione”.

I paesi in via di sviluppo ospitano l’81% dei rifugiati di tutto il mondo.
Nel 2012, nella graduatoria dei paesi che accolgono il più alto numero di rifugiati il Pakistan si è confermato al primo posto con 1,6milioni, seguito da Iran (868.200) e Germania (589.700).

L’Afghanistan si è confermato in testa alla classifica dei paesi d’origine del maggior numero di rifugiati, primato che detiene da ben 32 anni: nel mondo un rifugiato su 4 è afghano e il 95% di loro si trova in Pakistan o in Iran. La Somalia è stato nel 2012 il secondo paese per numero di persone fuggite, seguita da Iraq e Siria.

In Italia nel 2012 sono state presentante 17,352 domande d’asilo, un calo di quasi il 50% rispetto al 2011 determinato dall’attenuarsi della drammatica fase di violenze in Nord Africa.

I rifugiati in Italia alla fine del 2012 erano 64.779, cifra che pone l’Italia al 7° posto in Europa dopo Germania, Francia, Svezia, Regno Unito, Belgio e Austria, sei paesi che da soli assorbono il 90% dei rifugiati in Europa.

Il messaggio lanciato quest’anno dall’Alto Commissariato è “In 1 minuto una famiglia può perdere tutto. A te basta 1 minuto per per dare loro una nuova possibilità.”

Mohammed Guled, era un giovane somalo di 30 anni, uno di quei 45 milioni in fuga, uno dei 64mila che hanno scelto l’Italia o vi ci sono trovati. Giovedì scorso si è lanciato dal terzo piano del palazzo in cui viveva dopo essere stato allontanato dal campo profughi della Croce Rossa di Pisa con 500 euro in tasca, senza i farmaci di cui aveva bisogno per contrastare la sua depressione né la possibilità di andare in Svezia dovrebbe avrebbe voluto recarsi. A Mohammed è bastato un minuto per risolvere la sua angoscia nel modo più drastico.
L’Unione Europea ha appena adottato un accordo sulla riforma del sistema europeo di asilo che prevede, fra l’altro, maggiori garanzie per le categorie vulnerabili e il superamento di quanto previsto dalla Convenzione di Dublino in merito di trattenimento dei richiedenti asilo nel Paese di primo approdo. Queste norme avrebbero consentito a Guled i suoi farmaci, la realizzazione del suo progetto migratorio e probabilmente la vita.

Molti Guled si trovano nel nostro Paese senza un sostegno, dopo che l’emergenza profughi dal Nord Africa è stata dichiarata chiusa in febbraio. 500 € per andarsene fuori dai centro di accoglienza, un cedolino di protezione umanitaria che garantisce di non finire in un CIE per essere rimpatriati e l’impossibilità di lasciare un paese in cui non hanno il permesso di lavorare.

È il paradosso italiano, denunciato qualche mese fa anche dal New YorkTimes e dalla nostra Laura Boldrini, allora portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: “L’Italia funziona nel riconoscimento del diritto d’asilo. Il paese concede lo status di rifugiato al 40 /50 % di chi ne fa richiesta, Ma quello che garantisce ai rifugiati è molto poco”.

Non un lavoro né un alloggio, ma neanche l’apprendimento dell’italiano e l’assistenza sanitaria. Molti di loro sono spinti così a soluzioni al limite della legalità.

Facciamo in modo che su questo tema, che rappresenta un impegno inderogabile nella tutela di diritti umani fondamentali, l’Italia trovi il modo di fare sul serio la propria parte.

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