Oggi Stefano Rodotà (che sarebbe il mio presidente della repubblica preferito) è intervenuto sul tema del governo prossimo venturo anticipando una sua intervista all’Espresso. Rodotà critica chi ha già aperto un processo a Bersani e sposa il tentativo di parlare al M5S con alcune proposte incisive. Ne cita alcune: moralità pubblica, riduzione del finanziamento ai partiti, conflitto di interessi, reddito di cittadinanza, politiche industriali e del lavoro, diritti civili. Sono temi contenuti negli otto punti di Bersani , ma quello di Rodotà non è solo un sostegno al tentativo del segretario democratico. È anche una strigliata alle timidezze del PD di fronte al compito che gli spetta: la ricostruzione morale e civile del paese. Serve un cambio di passo, afferma Rodotà: “fate come i grillini”.
Credo che Rodotà abbia centrato il punto: non si tratta di ribaltare l’agenda del centrosinistra (i punti sopra citati si trovano tutti nel programma elettorale del PD) ma di annunciare al paese che è cambiata l’aria, che non è tempo di compromessi ma di riforme forti. Che il PD questo tentativo lo vuole portare avanti davvero, senza difendere posizioni consolidate ma mettendosi in gioco. A partire da un elemento di riflessione che ogni tanto sembra dimenticato: che quella fra riformismo e radicalismo è una falsa opposizione, e che il senso autentico del riformismo sta proprio nel radicalismo e nella determinazione con cui le riforme vengono ideate, condivise e poi realizzate in temi rapidi e senza estenuanti mediazioni.
Il tentativo coraggioso di Bersani di lavorare alla nascita di un governo di cambiamento e responsabilità sarà tanto più credibile se non ci saranno ipoteche sulla sua composizione e se si riuscirà a ragionare, insieme al capo dello Stato, su un assetto, non solo su un programma, che siano in grado di essere una garanzia sia per il PD che per il M5S. Il successo del laboratorio Sicilia è sotto gli occhi di tutti. Non esiste oggi nessun ostacolo insormontabile perché quel modello non venga esportato a Roma.