Il calo del numero dei detenuti ha rappresentato una boccata d’ossigeno ma nel carcere di Bologna permangono i problemi di sempre.
Stamattina ci siamo recati alla Casa circondariale Dozza per una visita che segue di poco la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia a pagare un risarcimento di 100.000€ a sette detenuti in un altro carcere della nostra Regione, quello di Piacenza, per ill trattamento inumano ricevuto a causa del sovraffollamento.
La Dozza continua a soffrire dello stesso male, ormai cronicizzato: 878 presenze ad oggi a fronte di una capienza di 460 detenuti e di un margine di tollerabilità fino a 820, anche se per ora siamo lontani da quel picco di 1200 reclusi che l’aveva trasformata in un girone infernale.
La composizione dei reclusi riflette le storture di alcune scelte legislative sbagliate: il 30% dei detenuti sono tossicodipendenti, il 50% sono in carcere per reati legati alla droga, il 60% è composto da stranieri, più del 50% sono in attesa di giudizio.
A questi numeri si aggiungono le carenze nell’organico di polizia penitenziaria: 405 agenti effettivamente in servizio a fronte di un organico previsto di 567 posti.
Anche l’area pedagogica è in fortissima sofferenza: il numero totale di 8 educatori provoca un tempo di attesa lunghissimo per i colloqui con i detenuti.
Non aiuta l’eccessivo turn over nella dirigenza che dura ormai da oltre dieci anni:anche l’attuale direttrice del carcere, in servizio da pochi mesi, è in attesa di pensionamento e il calo complessivo dei direttori previsti in Emilia Romagna potrebbe comportare una sostituzione part time.
Un dato positivo, che lascia intravedere come il carcere potrebbe svolgere un’effettiva funzione di reinserimento, è l’esperienza dell’officina meccanica attivata dalla Fid (Fare Impresa Dozza) , l’azienda nata dall’iniziativa di Ima, GD e Marchesini Group che conta 10 detenuti assunti a tempo indeterminato e 15 in formazione, seguiti da tre formatori specializzati e da un tutor.
Desta ancora rabbia l’occasione perduta con lo stop al decreto sulle misure alternative al carcere presentato dal ministro Severino e bocciato in dicembre da Pdl e Lega. Il nostro sistema penitenziario sta esplodendo e il consolidamento dell’esecuzione penale esterna rappresenta una strada obbligata per restituire dignità alla pena ed evitare la vergogna di ulteriori condanne da parte dell’Europa.
Sen. Rita Ghedini
On. Donata Lenzi
Elena Leti, presidente del Quartiere Porto
Sergio Lo Giudice, capogruppo Pd nel Comune di Bologna