Oggi il Senato vota sul decreto Cancellieri che amplia la possibilità di accesso alle misure alternative al carcere. Ecco il testo del mio intervento in aula.

Senato della Repubblica
Seduta del 23 luglio 2013

A inizio gennaio la Corte europea dei diritti Umani ha condannato l’Italia, con la sentenza Torreggiani ed altri,  per avere sottoposto sette detenuti a trattamenti inumani e degradanti, in  violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Erano incarcerati, fra Busto Arsizio e Piacenza,  in uno spazio di tre metri quadrati a testa, meno dei quattro metri quadri stabiliti come limite minimo dal  Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti.

Si è trattato di una sentenza pilota: una sorta di preavviso a mettersi in regola con le prescrizioni stabilite prima che sia dia corso ad altre più pesanti sanzioni.
Lo stesso Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha chiesto, attraverso numerose raccomandazioni, di ricorreremaggiormente  a misure alternative alla detenzione e  a considerare la privazione della libertà come l’estrema sanzione da riservare , come recita la Raccomandazione 22 del 1999, ai casi in cui “la gravità del reato è tale da rendere qualunque altra misura o sanzione manifestamente inadeguata” .

Oggi la popolazione carceraria in Italia ammonta a più di 65.000 unità, a fronte di una capienza di 45.500 posti; il 40% dei detenuti sono in attesa di giudizio, e la metà di questi risulteranno innocenti. Più di un terzo dei reclusi sono stranieri. Le persone sottoposate a esecuzione penale esterna al carcere nel 2012 erano meno di ventimila, meno della metà di quanti erano sottoposti a medesimo trattamento dieci anni prima.
Con questo decreto si mettono in campo alcune misure di alleggerimento della pressione demografica carceraria e, contemporaneamente, si cerca di avvicinare il sistema carcerario italiano all’idea che ne aveva il nostro Cesare Beccaria, un luogo in cui la certezza della pena e non la sua crudeltà siano da deterrenti ad altri delitti. Si salvaguardano i percorsi trattamentali per quell’altissima percentuali di condannati tossicodipendenti. Si limitano i casi delle cosiddette “porte scorrevoli”, le costosissime e spesso inutili permanenze in carcere per pochi giorni. Si agevola la detenzione domiciliare delle mamme – in certi casi  dei padri – con bambini piccoli. Insomma. Si mettono in campo misure deflattive che hanno anche l’obiettivo di rendere un po’ più umana l’applicazione delle pene.

Altre misure attendono ancora di essere approvate per restituire alle carceri italiane il profilo di luoghi di rieducazione e non di violazione della dignità umana: la modifica della legge sugli stupefacenti, l’introduzione del reato di tortura, la revisione delle norme sull’immigrazione, l’istituzione del garante dei detenuti.

Accanto a queste misure, dobbiamo recepire al più presto la Direttiva europea 29 del 2012  su diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, perché uno dei peggiori effetti collaterali del malfunzionamento della giustizia in Italia è la contrapposizione frequente e immotivata fra le ragioni di una giustizia severa ma rispettosa della dignità dei colpevoli e le esigenze legittime delle vittime , spesso ignorate e sbeffeggiate da una giustizia che funziona a singhiozzo e non sa garantire nel tempo un sistema di esecuzione delle pene umano e insieme affidabile.

“Tanto più giuste sono le pene – scriveva Beccaria – quanto più sacra ed inviolabile è la sicurezza, e maggiore la libertà che il sovrano conserva ai sudditi” . Un insegnamento che può ancora tornare utile.

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