Il 20 novembre si celebra il Transgender Day of Remembrance. Oggi ne ho ricordato la ricorrenza in un mio intervento al Consiglio comunale di Bologna

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Sylvia Rivera, protagonista nel 1969 dei fatti di Stonewall

Durante la settimana che si apre l’attenzione dell’opinione pubblica del paese sarà sollecitata su diversi temi riguardanti i diritti delle persone. Domani ricorre la XVIII Giornata dell’Infanzia. Sabato prossimo a Roma avrà luogo una grande manifestazione nazionale contro la violenza alle donne. Domani, 20 novembre, in diversi paesi del mondo si celebrerà per il nono anno un’altra ricorrenza: il Transgender Day of Remembrance, in ricordo delle persone transessuali e transgenere assassinate nel mondo per odio o pregiudizio transfobico.

Da anni le associazioni transgender internazionali raccolgono dati su questo fenomeno, che registra la media di un assassinio al mese dal 1990. Si tratta solo dei casi emersi, quelli apparsi sulla stampa o di cui le organizzazioni transessuali riescono a venire a conoscenza per vie dirette.

In diversi paesi del mondo la condizione delle persone transgender è punita dalla legge, in alcuni casi anche con la pena di morte. Ma anche dove ciò non costituisce reato, spesso l’assassinio di una persona transgender passa sotto silenzio, come un tema di scarso interesse, come se si parlasse di persone la cui esistenza vale o meno o la cui condizione meriti una punizione. Le stesse famiglie d’origine spesso in questi casi stendono un velo di silenzio, per la vergogna di mettere in piazza una storia familiare che non si è stati in grado di accettare in modo sereno.

Le persone transgender nel mondo costituiscono una piccola minoranza: 100.000, forse 150.000 persone. Questa esiguità di numero è una delle cause del silenzio che avvolge questa realtà, che la trattiene nell’invisibilità e, in gran parte del mondo, nella totale assenza di diritti. Questa indifferenza è la principale alleata della violenza a cui tante persone transessuali, donne e uomini, sono oggetto.

La città di Bologna non è stata esente da atti di violenza di questo tipo negli anni scorsi. Fece scalpore nel 1995 l’uccisione di Danilo Fontanelli, un insegnante quarantanovenne ucciso a coltellate nella sua abitazione. Nello stesso anno la città fu scossa dall’aggressione brutale alla gallerista Francesca Conti, sfigurata a coltellate da un ignoto assalitore. Solo quest’anno Francesca è tornata a raccontarci la sua storia dalle pagine di un quotidiano cittadino. Il 18 novembre 2004 una transessuale accoltellata da due giovani skinheads rimase senza soccorso per ore.

Ma la celebrazione di domani si limiterà, a Bologna come in tutto il mondo, ad un ricordo delle persone transgender assassinate nel corso degli ultimi dodici mesi anche se, purtroppo, solo di quelle di cui siamo a conoscenza e che hanno quindi superato il filtro del silenzio di cui dicevo. Ed è impressionante sapere che su sedici casi noti ben quattro siano accaduti in Italia.

Voglio ricordarle qui, queste quattro vittime di una violenza sessista e cieca.

Valentina Falco, uccisa a 34 anni a Novara il 26 novembre dello scorso anno, sgozzata nel suo letto da un assassino ignoto.

Tatiana (Aldomiro Gomes), 57 anni, originaria del Brasile, uccisa a Trani,dove viveva, il 19 febbraio, la testa fracassata dentro la portiera di un’auto.

Emanuela Di Cesare, uccisa a 37 anni a Pescara, la sua città il 22 aprile scorso. Militante del movimneto trans e donna a tutti gli effetti legali, Manuela ha dovuto subire, dopo la morte, un’umiliazione aggiuntiva da parte della stampa che ha parlato del suo omicidio usando la sua precedente identità maschile.

Il 1 agosto è stata uccisa a Roma Stefania Coppi, 35 anni, ritrovata col cranio fracassato. Il suo è l’unico caso in cui sia stato individuato l’assasino, un italiano trentacinquenne.

Il loro ricordo, insieme a quello delle altre vittime di questi omicidi senza senso, sarà ricordato, anche con la presentazione del film Gisberta martedì 27 novembre, presso il cinema Lumiere. Spero che, a partire dalla sua tradizione di accoglienza verso le persone transgender, dalla città di Bologna possa continuare a venire un messaggio forte di riconoscimento della piena dignità delle persone transgender che sconfigga quel muro di silenzio che è il principale alleato della violenza.

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