“Le parole di Renzi su La7 confermano come il PD faccia davvero fatica ad uscire dalla crisi in cui si trova dal 4 marzo 2018, se non dal 4 dicembre 2016. La direzione nazionale aveva dato avvio un percorso collegiale, guidato da Maurizio Martina, che aprisse una fase costituente per varare un progetto nuovo. In queste settimane la collegialità non si è vista, l’Assemblea nazionale è stata cancellata e oggi il ruolo del segretario in carica viene delegittimato da chi si è dimesso dal ruolo statutario ma non rinuncia al ruolo di segretario ombra. A questo punto anche la direzione del 3 maggio, convocata per discutere se e come aprire un percorso di dialogo con il M5S, diventa una burla. Così il PD come soggetto plurale basato sulla democrazia interna rischia di morire davvero”. Lo scrive Sergio Lo Giudice, componente della direzione nazionale del PD e presidente di ReteDem.

“In quella sede avremmo potuto condividere modi e condizioni di un confronto, con la consapevolezza della difficoltà di giungere a un risultato positivo, che comunque avremmo dovuto sottoporre a un referendum nella nostra base. Renzi invece ha spazzato via qualsiasi spiraglio di dialogo, arrivando ad adombrare comunque un voto negativo dei senatori a lui vicini, lui che in questi anni ha preteso di imporre ai gruppi parlamentari le decisioni della direzione senza discussione. A questo punto si convochi presto l’assemblea nazionale e si definiscano modi e tempi di un congresso vero, che discuta di contenuti e crei partecipazione. Lasciare il Pd in questo stato di stallo, accettando di fatto una deriva minoritaria e personalistica, sarebbe un crimine contro la storia di generazioni di donne e uomini che hanno costruito da sinistra la democrazia italiana”.

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