Viviamo strani giorni, cantava Battiato qualche anno fa. Strani giorni, in cui alcune delle certezze su cui si reggeva il nostro mondo sono venute meno. Il processo di espansione della democrazia a cui eravamo abituati dal dopoguerra in poi si è bloccato e mostra segni di regressione. Dagli Stati Uniti alla Russia, dall’India alle Filippine, dal Venezuela alla Turchia i popoli del pianeta sembrano volersi affidare più all’uomo forte che alle regole democratiche per fronteggiare la paura della globalizzazione economica e la perdita di prospettive di crescita (o dei propri privilegi). Anche in Europa soffia un vento di destra populista che dall’Ungheria di Orban rischia concretamente di mutare l’identità politica della Francia con la possibile vittoria di Marine Le Pen alle presidenziali e la conseguente uscita della Francia dall’Unione Europea. I cosiddetti sovranisti – qui da noi guidati dal duo Salvini /Meloni – rifiutano l’Europa come progetto comune e riesumano la logica dei muri nazionalisti e delle piccole patrie.

In questo contesto chi ha a cuore le sorti della  democrazia ha una responsabilità in più, non solo verso i propri elettori ma anche rispetto alla tenuta di un sistema che, come ammoniva Winston Churchill, è la peggior forma di governo eccezion fatta per tutte le altre che si sono sperimentate finora.

In questo stesso contesto l’Italia si presenta in un momento di forte impasse. La sconfitta del sì al referendum costituzionale ha prodotto una situazione bloccata, in cui la politica è divisa sulla legge elettorale, sulla data del voto e sopratutto sulle ricette per uscire dalla crisi. La permanenza in vita del Senato e le modifiche all’Italicum apportate dalla recente sentenza della Corte Costituzionale hanno prodotto un sistema elettorale inadeguato, perché troppe sono le differenze fra le leggi elettorali delle due Camere e troppo alto è il rischio che, comunque vadano le elezioni, nessuno riesca a mettere insieme i numeri per governare. In più il Partito Democratico è lacerato fra l’ansia di Renzi di tornare alle urne prima che si esaurisca il suo momento e la minaccia di scissione di una parte della sinistra.

Ho firmato, insieme a a 40 senatrici e senatori, una lettera aperta di sostegno al governo e di richiesta al PD di lavorare per tornare essere una grande forza popolare unitaria.

Come si dice, è l’ora che chi ha del senno lo usi. Dividere il Partito Democratico sarebbe un errore storico. Anche se penso che le maggiori responsabilità delle divisioni interne trovino radice negli errori del segretario, guai a non ricercare fino alla fine le ragioni dell’unità. I questi giorni si evoca l’Ulivo come riferimento di un nuovo partito alla sinistra del PD. Ma pensare che un nuovo Ulivo possa nascere da una divisione significa remare da un’altra parte rispetto a quella storia. Qui una mia nota.

Occorre cambiare la rotta, e farlo a partire dai contenuti. Con ReteDem, l’area della sinistra Pd di cui sono portavoce, stiamo lavorando in questo senso, con un ciclo di incontri a tema dal titolo, appunto, “Idee per cambiare rotta” che inizierà il 25 febbraio a Milano con una tavola rotonda su innovazione e politiche del lavoro e proseguirà il 27 a Bruxelles con un incontro sull’Europa.

Intanto l’11 e il 12 febbraio a Firenze parteciperò a un importante momento di confronto con vari esponenti della sinistra Pd per capire insieme come cambiare il progetto politico del Pd partendo dai bisogni del paese.

 

RIFORMARE LA GIUSTIZIA

Pochi giorni fa si sono tenute in tutta Italia le celebrazioni di apertura dell’anno giudiziario. Nella sua relazione, il presidente della cassazione Giovanni Canzio ha ricordato, fra l’altro, la necessità di una legge che affronti il tema dei bambini che crescono in famiglie omogenitoriali, a partire dall’interesse prioritario dei minori.

Io ho partecipato alla cerimonia di Bologna, dove il presidente della Corte d’Appello ha messo in evidenza una questione di cui mi ero interessato nei giorni precedenti attraverso un’interrogazione al ministro della giustizia: il futuro degli uffici giudiziari bolognesi, oggi insufficienti per le esigenze del Tribunale.

Sull’amministrazione della giustizia e sulla necessità di mandare in porto le riforme avviate sono intervenuto in Senato.

 

UNIONI CIVILI

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, qui e qui​​​ dei tre decreti attuativi della legge 76/20016 sulle Unioni civili si conclude finalmente l’iter di definizione della legge, di cui dall’11 febbraio saranno in vigore anche le disposizioni attuative definitive.
> Unioni civili. Lo Giudice: “Le coppie same-sex uscite da invisibilità giuridica”
> Decreti attuativi delle unioni civili. Intervista a Radio Città del Capo

Anche io e Michele abbiamo fatto registrare il nostro matrimonio celebrato in Norvegia nel 2011, che avrà in Italia gli effetti di una unione civile. Intanto, come al solito, la giurisprudenza si muove un passo avanti rispetto ai tempi lenti della politica e la Corte di Cassazione ha ordinato la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero con i pieni effetti del matrimonio.

 

DA BOLOGNA

A Bologna si è riaccesa la polemica sulla ventilata riapertura di un Centro di Identificazione ed espulsione degli immigrati senza titolo. Ho spiegato qui la mia contrarietà.
La città intanto ha perso uno dei suoi artisti più prestigiosi, Wolfango. Qui un mio ricordo.
Venerdì 10 febbraio parlerò di quel che c’è e di quel che manca nella legge sulle unioni civili al convegno: “Essere Madre, desiderio o dovere?” nella sala Tassinari di Palazzo d’Accursio.

 

COGNOME DELLA MADRE

Il 28 dicembre è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale sul cognome della madre. La consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che impediscono ad una coppia di genitori di trasmettere ai figli anche il cognome della madre.

Il Ministero dell’Interno ha già chiarito che questa novità è immediatamente applicabile ma non basta: è necessario approvare presto il disegno di legge 1628 di cui sono relatore in Senato per rispondere alla richiesta della Corte Costituzionale che ha chiesto un “indifferibile intento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità”. Ne ho scritto sull’Huffington Post. Qui un approfondimento.

 

DIRITTI

Sono intervenuto in aula contro la piaga del femminicidio, all’interno di una staffetta di denuncia che ha coinvolto numerose senatrici e senatori.
Palazzo Madama ha approvato in terza lettura il disegno di legge sul cyberbullismo. Qui una scheda. Sono intervenuto per sottolineare come troppo spesso dietro gli atti di cyberbullismo ci sia una questione di genere.
Ho firmato, insieme a tanti altri parlamentari, una lettera contro l’attacco di alcuni integralisti a uno spettacolo per le scuole sul tema dell’identità di genere.
In Europa si accede il dibattito sull’assistenza sessuale per disabili, su cui ho presentato da tempo un disegno di legge. Iniziamo a parlarne seriamente anche in Italia?
Ho partecipato alla fiaccolata per Giulio Regeni di fronte a Montecitorio ad un anno dalla sua scomparsa.

 

DAL PALAZZO

Ho sottoscritto il disegno di legge contro i matrimoni forzati a prima firma Maturani e la richiesta di una Commissione di inchiesta sull’abuso della contenzione dei pazienti nelle strutture psichiatriche e negli ospedali.
Con Beppe Lumia e Monica Cirinnà ho presentato un’interrogazione al Ministero dell’interno sulle discriminazioni perpetrate dal sindaco di Cascina nella celebrazione delle unioni civili.
Insieme a Monica Cirinnà e Mara Valdinosi abbiamo chiesto lumi al ministro dell’interno con una interrogazione sull’indegna manifestazione di Forza Nuova, che si è presentata con un corteo funebre ad una cerimonia di unione civile.
Questo mese ho poi sottoscritto una mozione della senatrice Dirindin sul tumore al seno e alcune interrogazioni: di Stefano Esposito sulle tariffe per i pendolari, di Luciano Uras sulla violenza sulle donne, di Francesco Russo a proposito di Assicurazioni Generali e di Nadia Ginetti sulle difficoltà della Polizia Penitenziaria.

 

MEDIA

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