pacs_ds2_.jpgLa rumba è iniziata. La politica per le famiglie in Emilia Romagna sta agitando il Pd: alcuni consiglieri regionali hanno presentato un progetto di legge (pdl-famiglia-er-301007.doc) che taglia fuori le coppie di fatto innescando una polemica che attraversa il centrosinistra e lo stesso Partito Democratico.Ecco un mio intervento pubblicato oggi da la Repubblica Bologna.

DIMENTICATE LE COPPIE DI FATTO

Una legge per tutte le famiglie: in democrazia non c’è altra scelta. La pluralità dei modelli familiari in Emilia Romagna è realtà da molti anni e le politiche sociali ne hanno preso atto in fretta. Fece un gran discutere, nel 1992, la decisione del Comune di Bologna di aprire le case popolari alle coppie di fatto, principio che oggi è norma in tutta la regione. Dal 1999 le famiglie fondate sull’affetto possono richiedere al Comune di Bologna un attestato anagrafico che ne certifichi la convivenza, per questo o altri usi. Lo Statuto regionale ha riconosciuto la funzione di tutte le formazioni sociali oltre che lo specifico ruolo della famiglia. Ci si aspettava perciò che il progetto di legge sulle famiglie presentato un paio di giorni fa da alcuni consiglieri regionali Dl e Ds partisse da questi risultati acquisiti per gli interventi della Regione.

Le misure proposte andrebbero nella direzione, giusta e condivisibile, di rafforzare le reti di relazione in una regione in trasformazione: sostegno alla genitorialità e alle funzioni educative e di cura, ampliamento dell’accesso ai servizi, valorizzazione dell’associazionismo, armonizzazione delle esigenze lavorative con i tempi di cura, supporto ai minori, agli anziani, alle famiglie immigrate.

Ma la proposta manca clamorosamente il bersaglio nell’indicare chi saranno i destinatari degli interventi previsti. L’articolo 1, infatti, restringe il campo alla famiglia (“come inteso dalla costituzione”, si legge in premessa) e alle altre “relazioni familiari normativamente riconosciute”. A qualcuno deve essere sfuggito che in Italia non esiste nessun riconoscimento normativo per le coppie non sposate: restringere gli interventi a questo campo significa di fatto tagliare fuori da subito e per la prima volta la complessa realtà delle coppie di fatto, (eterosessuali ed omosessuali) dalle politiche sociali della Regione. Questo in contraddizione con la Carta di Nizza e con lo stesso Statuto regionale, a cui pure si dichiara di fare riferimento. Lo stesso ripetuto riferimento alle “relazioni fra i generi” sembra voler tagliare fuori le coppie dello stesso sesso.

Con quelle premesse il valore positivo della proposta si ribalterebbe in uno schiaffo all’uguaglianza dei cittadini e rappresenterebbe un arretramento di alcuni decenni. Tutte le famiglie emiliano-romagnole, comprese quelle omosessuali, potrebbero avere giovamento dalle misure previste da quel progetto di legge. Si faccia chiarezza sull’universalità dei destinatari per non venir meno al compito, difficile ma necessario, che sta di fronte a tutti e tutte noi che stiamo dando vita al Partito democratico: tradurre i valori di ognuno in proposte concrete fondate sulla laicità. In una democrazia pluralista – come ha sottolineato Walter Veltroni al Lingotto – non c’è altra scelta.

Sergio Lo Giudice

Consigliere comunale Bologna

Componente dell’Assemblea Costituente nazionale del PD

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