sergio-imma-2001-bis.jpg

 Alcune recenti posizioni di Imma Battaglia, presidente dell’associazione romana Di’ Gay Project, hanno riacceso il tema del rapporto fra il movimento lesbico, gay, bisessuale e trans italiano e la destra. Ho condiviso in passato alcune posizioni di DGP sulla necessità che le organizzazioni lgbt si relazionino –a partire dai loro contenuti e obiettivi – con tutte le forze politiche e, soprattutto, con le istituzioni e i loro rappresentanti, di qualunque colore siano. Non è una novità: è la posizione di Arcigay da sempre, non sempre condivisa da tutti (ricordo uno slogan di segno inverso coniato da altre associazioni nel 2001: “all’opposizione per definizione”), ferocemente osteggiata da altri (penso alla surreale polemica di Facciamo Breccia che ha accusato il Bologna Pride di fare l’occhiolino ai fascisti)  e non riconosciuta solo da pochi (per esempio da Gaylib, l’associazione di destra che accusa il resto del movimento di essere succube della sinistra). La novità sta nella ricerca di un canale preferenziale con la destra attraverso la negazione della discriminazione antigay.

Il 9 settembre due ragazzi vengono aggrediti al Colosseo. È l’ennesimo caso, ma stavolta cade in un periodo di aggressioni frequenti contro diverse minoranze, per cui i giornali nazionali ne parlano. Battaglia interviene: l’episodio va perseguito “ma” senza creare allarmismi. I reati d’odio vanno perseguiti, “ma” a Roma non c’è nessuna emergenza. La vivibilità della città può essere migliorata “ma” senza creare  il falso mito della discriminazione antigay. E conclude invitando Alemanno (e Veltroni) al Gay Village. Sarebbe il segno – dice – che la politica italiana sta progredendo “al di là di certi vittimismi gay”. È evidente il tentativo di accreditamento verso la giunta di destra, ma quello che stride in queste posizioni non sta nella parte politica a cui ammiccano. Vi immaginate se le stesse parole fossero state pronunciate da Arcigay o dal Mario Mieli durante l’amministrazione di centrosinistra?

Il 14 settembre Imma Battaglia rilancia con una lettera a Repubblica sulla polemica fra Arcigay  e Francesco Merlo sul modo in cui i giornali avevano trattato la presenza, fra le vittime dell’incidente aereo di Madrid, di una famiglia gay. “Ho condiviso ogni parola dell’articolo di Francesco Merlo – scrive l’ineffabile Battaglia -. Non se ne può più di questo bisogno di urlare una condizione che è normale, non ha nulla di particolare e che non subisce alcuna vera discriminazione”. Sono d’accordo su un punto: per costruire consenso dobbiamo trovare le parole giuste, le urla e gli insulti possono scatenare  un applauso ma non aiutano a trovare le soluzioni , vedi http://it.youtube.com/watch?v=MFyH1oc3Thk . Ma come fa una donna lesbica, che conosce il percorso difficile di superamento dello stigma sociale e ha sentito – immagino – tante e tante storie concrete di emarginazione, di soprusi, di negazione della dignità decidere di scrivere ad un giornale per sostenere che le discriminazioni sono un’invenzione del vittimismo gay, come farebbe un qualsiasi Calderoli o Baget Bozzo?

Il 19 settembre, Battaglia incontra il ministro Rotondi che, insieme al collega Brunetta, ha anticipato una proposta di legge che affronti il tema delle coppie di fatto attraverso un contratto privatistico. Un fatto importante, quello dei due ministri, a cui occorre dare la giusta attenzione. Ma lei va oltre “Non vogliamo urlare (vedi sopra ndr). Non possiamo più bloccare questo Paese sullo scontro ideologico. Lo devono capire prima di tutte le associazioni omosessuali”. Ci pensate Grillini fare le stesse affermazioni un anno fa dopo un incontro con Rosi Bindi?

Il punto, insomma, non è una disponibilità a cogliere i segnali positivi che vengano dal centrodestra. Chi scrive è stato lieto di fare un pezzo del Pride di Bologna a fianco di Benedetto Della Vedova, deputato di Forza Italia e sarà ancora più lieto se Mara Carfagna vorrà servirsi del contributo della Commissione Lgbt a tutt’oggi in sonno presso il suo Ministero. Il punto è se un rapporto del movimento lgbt con la destra debba passare attraverso un’adesione alle sue parole d’ordine e alla sua visione culturale dell’omosessualità.

Sullo sfondo rimane un’altra questione: se le varie associazioni del movimento debbano o no accreditarsi verso questa o quella forza politica come una sponda privilegiata. In questo senso la frenetica attività della scandalosa Imma può servire come metro di paragone per tutti, da Arcigay, che dal suo congresso ha avviato un percorso – non ancora concluso – di ridefinizione del suo rapporto con le forze politiche, a tutte le altre, che oscillano fra una critica alla vicinanza verso questo o quello al tentativo di sostituirsi in queste o quelle relazioni privilegiate. Distinti e distanti, l’ho già detto in altre sedi, è una formula che non mi piace, perché segna una distanza dalla politica che può portare all’isolamento e all’autoreferenzialità. Ma distinti ed equidistanti dalle parti politiche, questo sì, deve essere  un compito comune. Anche di Imma.

css.php