20 Maggio 2015 – Senato della Repubblica – Sedute 453ª e 454ª

Sono intervenuto in Senato sul disegno di legge sul cyberbullismo, promosso dalla sen. Elena Ferrara, di cui sono tra i firmatari. Il ddl introduce una serie di misure tecniche per controllare e limitare gli atti di bullismo su Internet e delle linee di orientamento per la formazione e la prevenzione del cyberbullismo.

Sono misure necessarie, che avranno un fondamento saldo solo se accompagnate da una seria e capillare azione di prevenzione delle cause degli atteggiamenti di bullismo nelle scuole che, come ha ricordato in audizione il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora, riguardano soprattutto situazioni legate e xenofobia e omofobia.

Il testo del mio intervento.

LO GIUDICE (PD). Signor Presidente, saluto con grande favore la discussione e – mi auguro – la rapida approvazione del testo di legge in esame, con cui la senatrice Ferrara ha posto a tutti noi la necessità di affrontare un tema urgente. Non vi è maggiore urgenza, infatti, di quella di garantire il benessere, l’incolumità e la salute fisica e psichica dei nostri ragazzi e dei minori. Penso soprattutto a quelli che, frequentando le scuole italiane, di fatto sono messi dalle famiglie nella disponibilità di strutture pubbliche che hanno il dovere di vigilare fino in fondo su ciò che nasce e accade all’interno della scuola e si riverbera anche in comportamenti esterni, affinché sia all’insegna di una crescita positiva e non di un malessere, di un disagio o di una sofferenza.
Il tema del cyberbullismo riguarda proprio questo passaggio dal dentro al fuori e la proiezione esterna di dinamiche che nascono nella relazione concreta, reale e materiale, spesso all’interno delle mura scolastiche, e poi si proiettano in una realtà virtuale incontrollata, che quindi sfugge alla possibilità di gestione da parte degli educatori, delle scuole, delle famiglie e delle istituzioni.
Nel momento in cui parliamo di cyberbullismo, stiamo affrontando due aspetti differenti fra di loro che si intersecano in un unico fenomeno: un aspetto riguarda il tema del bullismo e quindi una particolare proiezione delle relative dinamiche, l’altro riguarda la gestione dei fenomeni che accadono all’interno della rete Internet.
Su questo secondo piano, su questo fronte noi siamo particolarmente sguarniti. Noi legislatori lo siamo. Lo dimostra il fatto che negli scorsi mesi in più e più occasioni ci siamo trovati a fare i conti con fenomeni che, avvenendo sulla Rete, colgono impreparato il legislatore, perché avvengono in forme e modi non previsti, non codificati, non gestibili all’interno della legislazione attuale. Ricordo, per esempio, le norme specifiche che abbiamo approvato poche settimane fa in merito al terrorismo, al reclutamento di terroristi via Internet; ricordo un tema di cui si sta discutendo in queste ore alla Camera dei deputati, ossia quello della diffamazione on line su ci siamo interrogati, abbiamo discusso e ci siamo divisi sul modo in cui gestire quella particolarità della Rete (per esempio, la permanenza perpetua di contenuti); ricordo, ancora, il tema legato al negazionismo e alle discriminazioni razziali ed etniche che avvengono anche in Rete (a tale proposito, abbiamo inserito nel disegno di legge sul negazionismo un passaggio interrogandoci su come intervenire su quel fronte).
Il disegno di legge oggi al nostro esame si occupa molto di questo aspetto e noi stiamo ragionando su come accendere un faro su un fenomeno che sfugge alla nostra visione, al nostro controllo perché sfugge alla nostra conoscenza. Ci siamo anche interrogati su come governare, anche attraverso divieti, sanzioni, limitazioni, l’accesso di bambini, ragazzi, ragazze alla Rete che può rappresentare per loro un terreno di pericolo, di insidie, di rischio per la propria incolumità e il proprio benessere.
Poi c’è l’altro aspetto che credo riguarda il sorgere di fenomeni di bullismo. È evidente che c’è un’assonanza tra quello che accade nella Rete e quelle che accade nella realtà. Ho letto con attenzione la proposta di legge del senatore Mazzoni e gli emendamenti che ha presentato con i quali si propone di estendere al bullismo, in generale, le previsioni contenute in questo disegno di legge.
Sono d’accordo sul fatto che abbiamo la necessità di intervenire anche sul tema del bullismo in generale, però credo che non sia questo il luogo anche perché credo che, rispetto al cyberbullismo, abbiamo bisogno di regole, limiti, sanzioni, controlli che ci permettono di presidiare un terreno a noi oggi sconosciuto e, comunque, non presidiato; per quanto riguarda invece il bullismo non è sui divieti, sulle sanzioni, sulle limitazioni che possiamo intervenire: dobbiamo intervenire sull’educazione, sulla capacità di comprendere quali sono le motivazioni del bullismo, le cause, e le dinamiche che si mettono in campo.
Il garante per l’infanzia e l’adolescenza Spadafora in occasione dell’incontro presso la Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani in cui si sono trattati i temi del bullismo e del cyberbullismo ci ha detto che sono due le cause principali di bullismo: la provenienza etnica, geografica, religiosa (il bullismo contro bambini o ragazzini immigrati) e il bullismo omofobico quello cioè rivolto a ragazze e ragazzi gay, lesbiche o incerti sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o, semplicemente, non aderenti a stereotipi di genere. Inoltre, la senatrice Ferrara (oltre che la mia esperienza e la letteratura scientifica) giustamente ci conferma che, ad esempio, l’aspetto fisico è un elemento fondamentale che scatena fenomeni di bullismo. È evidente che questi non sono elementi casuali di promozione, di provocazione dell’atto di bullismo che – va sempre chiarito – non è un qualunque atto di violenza, di prevaricazione di una ragazza nei confronti di un altro ragazzo o viceversa. È piuttosto quel fenomeno che si scatena quando il gruppo si unisce contro il singolo. Quando un gruppo di bambini o di ragazzini si unisce contro il singolo non è per la cattiveria dei componenti del gruppo, ma perché si instaura un meccanismo di promozione e produzione della propria identità che passa dalla costruzione dell’identità attraverso il gruppo.
È ciò che accade in età adolescenziale a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze. E come ogni costruzione di identità, tale meccanismo passa anche dalla costruzione di una non identità, cioè dalla costruzione di una identità nemica, dell’identità dell’altro, dell’identità da rifuggire. Quindi, l’identità maschile si fonda sull’omofobia, come l’identità etnica si fonda sull’atto di razzismo nei confronti di chi non corrisponde.
E anche l’identità fisica di ragazzi in evoluzione, che stanno cambiando il loro corpo assumendo un’altra dimensione fisica, oltre che psichica, durante la crescita e il periodo puberale e durante l’adolescenza, si basa sull’atto di violenza, di esclusione, di cattiveria nei confronti di chi ha un aspetto fisico differente dalla norma.
Su questi problemi la scuola deve intervenire, attraverso una politica di educazione all’uguaglianza, di superamento degli stereotipi, di costruzione di una cultura basata sulla pluralità. Io ho ascoltato con attenzione l’intervento della collega Mussini, che condivido in tutto, nella lettera e nello spirito, tranne che in un passaggio. Quando ella diceva che le scuole fanno già tutto questo, io le rispondo che alcune scuole lo fanno così come alcuni insegnanti, ma la scuola italiana nel suo complesso non sta facendo tutto questo. E gli interventi promossi da parte del Ministero dell’istruzione su questo fronte sono assolutamente insufficienti.
Prima si citava il sito «Smonta il bullo». Ma quel sito viene aggiornato con una periodicità semestrale, ad essere fortunati. (Applausi della senatrice Bignami). Voglio dire che è un sito che per anni è rimasto morto e che, ultimamente, ha avuto una qualche rivitalizzazione.
Trentatré senatori di quest’Aula sono in attesa da un anno e mezzo di una risposta da parte del Ministero dell’istruzione a una interrogazione urgente in cui si chiedeva che fine abbia fatto l’azione di intervento sull’asse educazione della strategia di prevenzione contro le discriminazioni omofobiche nelle scuole. Si tratta di una strategia rimasta sotterranea e sott’acqua per molto tempo, e di cui ancora oggi non si conoscono gli esiti.
Se noi vogliamo effettivamente fare in modo che i nostri ragazzi superino questa situazione in cui la costruzione del proprio percorso di vita si fonda su un atto di violenza nei confronti dell’altro, dobbiamo intervenire nelle scuole con strumenti educativi, insegnando la bellezza della diversità, la ricchezza del confronto con chi ha una religione differente, con chi ha un orientamento sessuale differente, con chi ha una situazione fisica, sociale e personale differente dalla nostra.
Questa è una delle scommesse principali che sta alla base di qualunque intervento, come quello di oggi, assolutamente necessario e opportuno, che si riprometta di mettere in campo anche degli accorgimenti tecnici per il contenimento di un fenomeno che o viene sradicato sulla base di una vera azione culturale e sociale, oppure è destinato a continuare a permanere e a richiedere al legislatore ulteriori limiti e ulteriori paletti. Ma non è questo il modo prioritario di affrontare un tema che riguarda la costruzione dell’identità e della personalità dei ragazzi e delle ragazze che sono affidati allo Stato nel momento in cui le famiglie li mandano nelle nostre scuole. (Applausi dal Gruppo PD).

css.php