Un articolo del Corriere informazione dedicato al tema dell’abolizione delle Province.

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Corriere informazione
Speciale abolizione delle Province
“Letta rilancia ma la Sicilia resta terra di innovazione e sperimentazione”

Aggiornamenti 5 luglio 2013 Oggi il Consiglio dei Ministri è stato convocato per riflettere su un disegno di legge costituzionale inerente l’abolizione delle Province.

In apertura dei lavori il Consiglio ha esaminato, su proposta del Presidente del Consiglio, del Vicepresidente e Ministro dell’interno Angelino Alfano, del Ministro per le riforme costituzionali Gaetano Quagliariello, e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, uno schema di disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle province, che sarà sottoposto al parere della Conferenza unificata. Entro sei mesi dalla data in entrata in vigore della legge costituzionale le Province sono soppresse. Sulla base di criteri e requisiti definiti con legge dello Stato sono individuate dallo Stato e dalle Regioni le forme e le modalità di esercizio delle relative funzioni.

Il problema, secondo il parere del deputato Alessandro Pagano, va analizzato con particolare attenzione per evitare che con un “colpo di penna” si cancellino le province senza programmare al meglio le competenze attualmente svolte da tali enti locali. “La volontà della buona politica coincide con un’esigenza dettata dalla gente” spiega il deputato che riflette anche sulle delibere approvate in Sicilia e invita a fare bene questa riforma altrimenti si rischia di “aumentare costi, disarticolazioni e disfunzioni” aggiungendo costi in più da una parte e magari non toglierne da altri.

Per il MoVimento 5 Stelle il taglio degli enti pubblici locali è un impegno che va adempiuto nell’immediato “senza se e senza ma” e attacca i partiti che hanno militato al Governo negli ultimi anni ritenendoli incapaci di attuare una riforma che abolisca definitivamente “gli enti più inutili e costosi del Paese” e riformi il Titolo V della Costituzione senza adoperare strumenti d’urgenza che poi vengano bocciati dalla Consulta. “Le Province ordinarie, la cui abolizione era data per cosa fatta, escono dalla porta e rientrano dalla finestra. L’asse Pd-Pdl-Scelta Civica non ne fa una giusta – commenta il deputato del MoVimento 5 Stelle Riccardo Fraccaro, componente della Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio – ma soprattutto, dimostra come i partiti siano incapaci di operare scelte nell’interesse dei cittadini. Ora l’Esecutivo Letta, sostenuto dalla stessa maggioranza che ha già fallito nel tentativo, assicura di volerci riprovare. Ma con quale credibilità?”

Aggiornamenti 4 luglio 2013 Nessun accorpamento delle province, nemmeno se deciso per “ottime ragioni” quali il risparmio economico dettato dal taglio degli incarichi politici e amministrativi. Il Governo Monti aveva approvato il quasi dimezzamento delle 107 province italiane (riducendole circa a 60) con il Decreto Salva – Italia, un provvedimento normativo che è stato scritto in un momento di difficile congiuntura politica ed economica – tra queste si ricordano le dimissioni del Governo Berlusconi e l’impennata dello spread.

Il Decreto, con un “colpo di spugna” cancellava le province che avevano meno di 350mila abitanti e un’estensione inferiore ai 2.500 chilometri quadrati (fatta eccezione per i capoluoghi di Regione) ma la Corte Costituzionale, dopo il ricorso presentato da otto Regioni, ha decretato che tali interventi sono in contrasto da quanto previsto nella Costituzione negli art. 77, art. 117, 2° comma lett. p) e 133, 1° comma. Tale intervento, infatti, può essere accolto solo in casi di straordinaria e necessaria urgenza – quindi non con un decreto legge di un governo tecnico – ma per leggere le esatte motivazioni bisognerà attendere il deposito della sentenza.

“Questa sentenza – ha commentato il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello – rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull’intero Titolo V in particolare per semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali”.

Permanenza dello Status Quo in tutte le Regioni Italiane? Non per tutte dato che la Sicilia, Regione a Statuto Speciale, ha la competenza di poter ridurre il numero di province e di riorganizzare l’amministrazione pubblica; un diritto che molti parlamentari dell’ARS ritengono sia rimasto silente e inutilizzato per molto, troppo tempo ma che adesso hanno recuperato per riorganizzare territori e competenze degli enti locali.

La Sicilia, dunque, diventa a pieno titolo terra di innovazione e di sperimentazione di un nuovo modo di gestire la res pubblica che, ad oggi, vive con un “certificato caos istituzionale” così come è stato definito da Antonio Pentangelo, presidente della Provincia di Napoli e componente dell’Ufficio di Presidenza dell’UPI che va corretto e rimodulato ma, certamente, non come chi “ha cercato con fretta ed approssimazione di aggirare la Costituzione”.

Le Province, conclude Petangelo, non devono essere considerate “come bersaglio per il tiro a segno dell’antipolitica, con il falso miraggio della spending review”.

Sergio Lo Giudice, non si è stupito della decisione della Consulta ma invita a non abbandonare questa strada che, nei principi, era corretta; il senatore PD, interrogato sull’argomento ha dichiarato: “Lo stop della Corte Costituzionale era prevedibile, ma questo non deve fermare il percorso di semplificazione delle amministrazioni locali. La Sicilia, Regione autonoma, ha dato il buon esempio indicando la strada: i consorzi di Comuni, che mi auguro possano lasciare il passo a vere e proprie unioni di Comuni . Adesso si trovi il modo di superare le Province sull’intero territorio nazionale”.

FONTE
Corriere informazione

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