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Ecco un compito per l’assessore alla Salute che verrà: sancisca che le porte degli ospedali sono aperte ai partner conviventi

SERGIO LO GIUDICE

l’Unità Emilia Romagna, 20 aprile 2010

Pochi giorni fa Barack Obama ha ordinato agli ospedali statunitensi che ricevono contributi federali di consentire che i pazienti omosessuali deleghino al partner le decisioni sulla propria salute. Finisce così una delle più acute discriminazioni verso gay e lesbiche, che fino ad oggi  potevano essere lasciati fuori dall’ospedale in cui il compagno o la compagna di una vita si spegnevano.

Negli stessi giorni Pdl e Lega hanno bocciato un emendamento Pd alla proposta di legge sul testamento biologico che avrebbe consentito al convivente, in caso di mancata nomina di un fiduciario, di assumerne il ruolo. Emendamento cassato: nemmeno di fronte alla malattia si può consentire a chi non abbia un legame di sangue o giuridico di essere considerato un familiare.   Una situazione particolarmente gravosa per  le coppie dello stesso sesso che, non avendo alcun riconoscimento giuridico, possono essere trattate come estranei fra loro da qualunque istituzione pubblica.

Intanto, però, è accaduto un fatto nuovo:  la Corte Costituzionale ha stabilito che il riconoscimento giuridico delle coppie gay e lesbiche è un diritto fondamentale che il Parlamento deve garantire. È una novità storica. In attesa di una legge, la Corte si è riservata di intervenire a tutela di quelle situazioni in cui sia necessario garantire un’omogeneità di trattamento fra le coppie sposate e quelle omosessuali. Se c’è un caso in cui la disparità risulta particolarmente evidente ed iniqua è proprio il disconoscimento del partner in caso di decisioni sanitarie da assumere.

La Regione Emilia Romagna ha ribadito di recente, approvando l’art. 48 della Finanziaria, un principio di non discriminazione in base all’orientamento sessuale e in base alla tipologia di convivenza, principio a cui dovrà conformarsi l’azione amministrativa.  Ecco un compito per l’Assessore alla Salute che verrà: sancisca che le porte degli ospedali sono aperte ai partner di lesbiche e gay e  che è possibile delegare al convivente il consenso ad un trattamento sanitario in caso di propria incapacità. Ci aveva provato la Regione Toscana nel 2004, incappando nella scure della Consulta che aveva riscontrato uno sconfinamento in competenze statali. Ma nel 2009 un’analoga legge della Regione Liguria ha ripreso il principio, stabilendo che ogni maggiorenne possa designare una persona che abbia accesso alle strutture sanitarie e a cui gli operatori delle strutture pubbliche e private socio-assistenziali devono riferirsi per le comunicazioni relative al suo stato di salute.

Da questa terra che tante volte ha generato nuovi diritti possiamo creare un dialogo virtuoso con la Corte che  ha  richiamato ad un monitoraggio attento delle situazioni in cui l’impossibilità di accesso al matrimonio produca un trattamento iniquo. L’Emilia Romagna può svolgere un ruolo importante in questo percorso di libertà tracciato da gay e lesbiche all’interno di un più generale e appassionante cammino verso una concezione più alta e inclusiva della  cittadinanza.

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