Dopo 17 anni ieri sera ha avuto termine il berlusconismo, un monopolio autocratico della politica inferiore, nella storia patria, solo ai 14 anni dell’età giolittiana e al ventennio fascista. Se a Mussolini fu fatale la disfatta bellica, solo il disastro finanziario incombente ha costretto il ducetto di Arcore a farsi da parte. Scende il sipario su un governo fondato sull’alleanza fra una cricca criminale di corrotti e corruttori, xenofobi razzisti ed antieuropeisti, ex picchiatori fascisti, fondamentalisti religiosi ed atei devoti, reduci del craxismo, amici dei corleonesi, dei casalesi e di altre buone famiglie, puttanieri e veline.

Da oggi non inizia una gloriosa fase di facili progressi e riforme innovative, ma una faticosa transizione che dovrà trascinare il paese fuori dalla crisi economica, al riparo dal default incombente, oltre la crisi morale e antropologica in cui l’ha trascinata il palazzinaro diventato l’uomo più ricco del paese.

Adesso la strada è in salita. Quello guidato da Mario Monti non sarà un governo in cui sarà facile riconoscersi. Non sarà “il mio” governo. Sarà la medicina necessaria a salvare l’Italia, utile alla salvezza del paese come lo fu il governo Badoglio, il generale monarchico e conservatore  che pure segnò la fine di un totalitarismo e il passaggio alla democrazia.

Monti non piace a molti, che lo accusano di essere il rappresentante di quel mondo della finanza che è responsabile della crisi mondiale. Io credo che sia la persona adatta a portare l’Italia fuori dalle secche e  a permetterci così di ripartire. E di pensare a un futuro privo di quella sottile, fastidiosa sensazione di vergogna  di essere italiani che ci ha accompagnati in questi anni.

Sergio Lo Giudice

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