Lavoro: per alcuni senatori Pd decreto è promessa mancata
(ANSA) – ROMA, 6 MAG – Nel decreto Lavoro “si ripete, ancora una volta, lo stesso errore che hanno compiuto per anni i governi di centro-destra, nell’idea che abolire le tutele giuridiche previste a difesa dei lavoratori accresca la competitivita’ delle imprese sul mercato”. Ne sono convinti alcuni senatori del Pd Lucrezia Ricchiuti, Donatella Albano, Felice Casson, Corradino Mineo, Sergio Lo Giudice e Walter Tocci che definiscono il provvedimento, domani al voto dell’Aula di Palazzo Madama, “una promessa mancata”.- “Jobs act e decreto lavoro – scrivono i parlamentari in una nota – il primo, annunciato da Matteo Renzi, prometteva una piccola rivoluzione; dare priorita’ al lavoro, riconoscerne la dignita’, semplificare norme e leggi per favorire l’impiego, investire sulla qualita’ del lavoro. Il decreto lavoro invece, si limita a intervenire sui contratti a termine e apprendistato. Anziche’ semplificare, lo fa in modo minuzioso e dettagliato, tanto da incanalare il dibattito parlamentare esclusivamente su aspetti come la durata dei contratti a termine o il numero delle proroghe, sulla forma scritta o orale dei piani formativi per l’apprendistato e le quote di assunzioni vincolanti. Nel decreto si ripete cosi’, ancora una volta, lo stesso errore che hanno compiuto per anni i governi di centro-destra, nell’idea che abolire le tutele giuridiche previste a difesa dei lavoratori accresca la competitivita’ delle imprese sul mercato”. “In questo modo – proseguono – si snatura la proposta originaria. Con la disoccupazione che supera il 12% e quella giovanile che e’ addirittura doppia, non si puo’ aver paura della flessibilita’, ma, se non bastasse l’esperienza degli ultimi anni nel nostro Paese, ci sono Spagna e Grecia a dimostrarci che l’apertura generalizzata al lavoro precario e senza vincoli conduce a percentuali insopportabili di disoccupazione che non accennano a diminuire. Noi vogliamo stare in Europa e non farci confinare in un Europa di serie B”. I quattro emendamenti che invece avevano presentato i 5 senatori “tendono a recuperare l’ispirazione originaria del jobs act. Vogliono muovere un passo verso la semplificazione normativa e verso la costruzione di un sistema di convenienze a favore del lavoro stabile, con piu’ flessibilita’ nelle fasi iniziali di un rapporto di lavoro, ma nel quadro di un contratto di inserimento “a tutele crescenti””. La Ricchiuti aveva poi sollecitato il relatore Ichino e il governo a sopprimere il cosiddetto “rito Fornero” che ha sdoppiato il rito dell’impugnativa del licenziamento illegittimo in due fasi procedurali “la prima delle quali sostanzialmente inutile” e piu’ “costosa”. “Gli emendamenti – spiegano i senatori Dem – portano poi da 6 mesi a tre anni “il patto di prova” tra lavoratore e imprenditore, superando cosi’ il contratto a termine senza causale, che in questo modo non ha piu’ ragione di esistere. Per compensare la maggiore flessibilita’ concessa alle imprese, gli emendamenti tendono a stabilire piu’ che un sistema di vincoli e procedure, un diverso quadro di convenienze per l’impresa, per invogliare il datore di lavoro ad assumere in pianta stabile. Viene cosi’ reso un po’ piu’ costoso il tempo determinato dopo i primi sei mesi (il 4 % in piu’ della retribuzione lorda) per finanziare programmi di formazione e benefici assistenziali per i lavoratori a tempo, lasciando spazio alla contrattazione”.(ANSA).
BSA 06-MAG-14 20:47 NNNN

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