Al di la della posizione assunta, non mi piace l’atteggiamento del PD sul referendum, elevato a giudizio di Dio sul premier, con condanna e infamia degli apostati, che rischiano di essere spinti ai margini del partito. Non mi piace però neanche l’atteggiamento dell’ANPI, che ha minacciato di deferire agli organi di garanzia gli iscritti che si esprimessero pubblicamente per il sì, mettendo a rischio così l’intelligente scelta di aprire le porte dell’associazione e a tutti quei giovani che si riconoscono nei valori della Resistenza. Questa volta una lezione di stile e di democrazia l’ha data l’ARCI che ha lasciato ai territori di definire le loro posizioni e ai singoli iscritti di votare o schierarsi secondo il proprio convincimento. Il ruolo del referendum è di dare la parola ai cittadini, non ai partiti – che misurano la loro forza alle elezioni – né alle associazioni, a cui si aderisce per la condivisione di una mission specifica e non di un progetto politico generale. E poi: serve a qualcuno, oltre che alle destre, impedire che in tanti (a partire da chi scrive) abbiano in tasca la tessera del PD, quella dell’ANPI e quella dell’ARCI?

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